La Corte Costituzionale ha stabilito un importante principio in materia di urbanistica e impresa, dichiarando l’illegittimità di una normativa regionale che imponeva vincoli di destinazione d’uso agli immobili adibiti ad albergo in modo eccessivamente restrittivo.
Con la sentenza numero 143, depositata in data odierna, la Consulta ha accolto le questioni sollevate da un Tribunale Amministrativo Regionale, dichiarando incostituzionale la norma nella parte in cui non permette ai proprietari di presentare una motivata richiesta di svincolo, proponendo una nuova destinazione d’uso, in presenza di una comprovata non convenienza economico-produttiva della struttura ricettiva.
Irragionevolezza e danno all’impresa
I giudici costituzionali hanno ritenuto la disciplina regionale in contrasto con gli articoli 3 (Principio di Uguaglianza) e 41 (Libertà di Iniziativa Economica) della Costituzione.
In primo luogo, la Corte ha sottolineato che un vincolo che rende difficilmente praticabile la rimozione del vincolo alberghiero e che ignora l’insostenibilità economica dell’attività d’impresa, attua un assetto irragionevole. Un eccessivo rigore, infatti, rischia non solo di compromettere gli obiettivi di potenziamento dell’offerta ricettiva, ma anche di allontanare gli operatori dal mercato.
Inoltre, il nucleo essenziale della libertà d’iniziativa economica privata viene sacrificato, impedendo all’imprenditore di “adottare scelte organizzative qualificanti” di fronte a un’attività non più redditizia.
Violazione del principio di proporzionalità
La sentenza evidenzia infine la violazione del principio di proporzionalità. Un vincolo configurato in termini “oltremodo restrittivi”, in un sistema che già prevede strumenti di tutela per l’interesse generale, non rispetta l’obbligo di scegliere, tra tutte le misure possibili, quelle in grado di determinare il “minor sacrificio degli interessi contrapposti”.
In sostanza, la decisione riequilibra gli interessi in gioco, consentendo maggiore flessibilità ai proprietari di strutture ricettive in crisi economica, pur mantenendo salva la possibilità per le Regioni di tutelare il proprio patrimonio ricettivo con strumenti meno coercitivi.
Fonte: Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale