In Italia, secondo le rilevazioni dell’Ufficio studi della Cgia, si registra la popolazione lavorativa più vecchia d’Europa.
Nel 2016 l’età media degli occupati in Italia era di 44 anni, contro una media europea di 42. Negli ultimi 20 anni, inoltre, l’età media dei lavoratori italiani è salita di 5 anni, un incremento che in nessun altro Paese è stato così rilevante.
A seguito del calo demografico, dell’allungamento dell’età media e di quella lavorativa, in Italia vi sono pochissimi lavoratori giovani e molti over 50. Se, infatti, nel nostro paese l’incidenza dei giovani (15-29 anni) sul totale degli occupati è pari al 12%, in Spagna è al 13,2%, in Francia al 18,6%, in Germania al 19,5% e nel Regno Unito al 23,7%.
Nel nostro Paese l’incidenza degli ultra 50enni sul totale degli occupati è del 34,1%. Solo la Germania registra un dato superiore al nostro e precisamente del 35,9 per cento, mentre in Spagna è del 28,8, in Francia del 30 e nel Regno Unito del 30,9 per cento.
La diminuzione della presenza degli under 30 nei luoghi di lavoro è un fenomeno in atto da parecchi anni.
Tra il 1996 e il 2016, sebbene il numero complessivo dei lavoratori occupati in Italia sia aumentato, i giovani presenti negli uffici o in fabbrica sono diminuiti di quasi 1.860.000 unità. In termini percentuali, nella fascia di età 15-29 anni la variazione è stata pari al -40,5%, contro una media dei principali Paesi Ue del -9,3%. Sempre in nello stesso periodo, tra gli over 50 gli occupati sono aumentati di oltre 3.600.000 unità, con un incremento del’89,8%. Un boom che, comunque, ha interessato tutti i principali paesi dell’Ue presi in esame in questa analisi, con punte che in Spagna hanno toccato il +103,8 per cento e in Francia il +105,1 per cento.
“Con pochi giovani e tante persone di una certa età ancora presenti nei luoghi di lavoro – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – le nostre maestranze possono contare su una grande esperienza ed un’elevata professionalità, tuttavia stanno riemergendo una serie di problemi che credevamo aver definitivamente superato”.
“In primo luogo – rileva Zabeo – sono tornati a crescere, soprattutto nei mestieri più pesanti e pericolosi, gli incidenti e la diffusione delle malattie professionali”.
“In secondo luogo, il numero di attività caratterizzato da mansioni di routine è molto superiore al dato medio europeo. Con l’avvento dei nuovi processi di automazione e di robotica industriale rischiamo una riduzione di un’ampia fetta di lavoratori di una certa età con un livello di scolarizzazione medio-basso che, successivamente, sarà difficile reinserire nel mercato del lavoro” conclude.