I servizi delle pubbliche amministrazioni centrali e locali a cittadini e imprese hanno un elevato peso economico rispetto alla qualità delle prestazioni erogate. Il divario Nord-Sud, tranne poche eccezioni, è sempre più accentuato. Il costo maggiore che pesa su cittadini e imprese riguarda i servizi amministrativi (205 euro pro capite, con un aumento del +0,6%), i servizi legati all’istruzione impegnano mediamente 681 euro per ciascun residente sui bilanci degli enti comunali, i servizi del sociale costano 77 euro pro capite (-1%).
Il dato più critico è rappresentato è rappresentato però dagli asili nido, che – tranne pochi casi virtuosi – sono ancora sottodimensionati rispetto alle reali esigenze delle famiglie e vedono diminuire gli investimenti, rappresentando anche uno dei maggiori ostacoli alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro delle donne.
Sono alcuni dei dati che emergono dalla Relazione 2019 al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Pubbliche amministrazioni centrali e locali a imprese e cittadini, realizzata dal CNEL ai sensi dell’art. 10-bis della legge 30 dicembre 1986 n. 936, che verrà presentata mercoledì 15 gennaio, a Roma, al CNEL (Sala del Parlamentino – Viale David Lubin, 2). Apriranno i lavori Tiziano Treu, presidente CNEL e Fabiana Dadone, ministra per la Pubblica Amministrazione, insieme ai vicepresidenti Gianna Fracassi ed Elio Catania. Introduzione e sintesi a cura di Efisio Gonario Espa, consigliere CNEL. In programma gli interventi di Mauro Orefice, capo Ufficio di Gabinetto della Corte dei conti; Roberto Monducci, direttore dipartimento statistico dell’Istat; Enzo Bianco, presidente consiglio nazionale ANCI; Monica Gabrielli, responsabile Digital Transformation di Sogei; Enrico Deidda Gagliardo, Università di Ferrara; Emanuele Padovani, Università di Bologna.
In Italia operano 12.874 istituzioni pubbliche nelle quali prestano servizio quasi 3 milioni e mezzo di lavoratori, compresi i dipendenti pubblici in servizio all’estero (ambasciate, consolati, istituti di cultura, ecc.) e le forze armate e di sicurezza (pari a quasi 500.000 unità). Il quadro complessivo che emerge è sempre quello di un’amministrazione “in movimento” soprattutto grazie al graduale diffondersi dei processi di digitalizzazione all’interno dell’amministrazione pubblica che risulta però ancora troppo appesantita, come continuano a segnalare gli indicatori della Banca Mondiale da una eccessiva complessità di regole e di percorsi procedurali che si traducono non solo in meri aspetti di inefficienza della gestione amministrativa ma, soprattutto, in oneri significativi sulla vita delle imprese e dei cittadini.
Sul fronte sanitario l’Italia si colloca tra i Paesi più virtuosi anche se i risultati ottenuti in termini di salute e di efficienza sanitaria sono inficiati nel loro valore dal peso delle disparità che si registrano nell’offerta di servizi, nei tempi di attesa e nelle differenze territoriali. Per la propria salute i cittadini spendono mediamente 655 euro all’anno. L’Italia è il Paese europeo con le più grandi differenze tra regioni. Il nostro Paese non eccelle neanche in termini di innovazione tecnologica. Il livello di digitalizzazione è medio-basso che pone l’Italia tra gli stati non-consolidated eGov, cioè coloro che non sfruttano appieno le opportunità fornite dalle tecnologie digitali. Situazione opposta per le amministrazioni centrali dello Stato che hanno raggiunto punte di eccellenza e consentono la gestione online della quasi totalità dei procedimenti amministrativi di propria pertinenza: come nel caso dell’Agenzia delle Entrate, l’Inps e l’Agenzia delle Dogane che rappresentano esempi concreti di un’efficace interazione con cittadini e imprese attraverso i propri siti web.
Da circa 25 anni, il CNEL concentra la sua attenzione sulla necessità di misurare con più attenzione l’attività amministrativa o, con linguaggio più attuale e oggi più diffuso, le politiche pubbliche. Per rendere il miglioramento delle performance pubbliche utile all’incremento del benessere degli utenti, degli stakeholder e, in generale, dei cittadini, occorre cambiare il paradigma di valutazione dell’azione pubblica: bisogna far uscire le performance dal loop adempimentale e autoreferenziale, contrastando la “sindrome del 100%” delle performance individuali, spostando il baricentro verso rinnovate performance organizzative e finalizzando entrambe verso l’orizzonte del Valore Pubblico.
È quello che ha provato a fare il CNEL con la Relazione 2019 introducendo alcune importanti novità metodologiche. Rispetto alle precedenti edizioni questa è caratterizzata da tre novità molto importanti: un’analisi dettagliata delle performance a livello comunale, resa possibile grazie al contributo congiunto dell’Università di Bologna e della Banca dati SOSE di OpenCivitas; un focus sulle strategie di trasformazione digitale con riferimento ai processi di innovazione delle amministrazioni pubbliche, ottenuto grazie al supporto di SOGEI; la valutazione dell’implementazione di politiche orientate alla sostenibilità, in base agli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile, BES (ideati dal Cnel con il supporto dell’Istat nel 2013) e dell’insieme contiguo delle misurazioni legate ai Sustainable Development Goals connessi alla strategia 2030 delle Nazioni Unite.
Alla stesura della Relazione hanno collaborato MEF, Ministero della Salute, Ministero Giustizia, Dipartimento della Funzione Pubblica, Banca d’Italia, ISTAT, SNA, CDP, INVALSI, ANVUR, Sace, Simest, SOGEI, ICE, SPISA, ISPRA, ANAC, CNR, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, SoSE, ANCI, Università di Bologna, Università di Ferrara.
Fonte: CNEL