Considerando il gap italiano nell’introduzione e nello sviluppo delle tecnologie digitali nell’ambito pubblico, privato e imprenditoriale, da un lato, e la crisi economica degli ultimi anni, che ha ridotto di molto le risorse disponibili per investire nell’innovazione digitale, dall’altro, appaiono subito evidenti le potenzialità derivanti dai finanziamenti europei e il ruolo cruciale che gli stessi – o meglio, l’utilizzazione effettiva degli stessi – potrebbe giocare nel rilancio dell’economica nazionale.
Campania e Sicilia sono le due regioni europee che investono nell’economia digitale la fetta più grande di fondi strutturali. È quanto risulta da uno studio condotto per il Parlamento europeo da un gruppo di ricercatori guidati dal Centro studi industria leggera (Csil). Secondo i dati riportati nel corposo documento, che si compone di due volumi, i Paesi dell’Europa meridionale (Italia e Spagna) e orientale sono quelli dove sono investite nel digitale le maggiori quantità di fondi di coesione. In particolare, Campania (676 milioni) e Sicilia (642 milioni) sono le due regioni europee che, in termini assoluti, nel 2014-2020 investiranno di più nell’ICT.
Lo studio suggerisce anche di continuare a puntare sulle cosiddette ‘Strategie di specializzazione intelligente’ per potenziare la crescita digitale delle regioni, favorendo sinergie fra fondi strutturali e altri finanziamenti come Horizon 2020. Le politiche per il clima e l’agricoltura sono poi identificate come due aree in cui i fondi strutturali “potrebbero fare di più per promuovere soluzioni e applicazioni digitali”. In questo senso, uno dei sei casi studio esaminati è quello dell’Emilia-Romagna, dove nel 2014-20 è stato finanziato con quasi 173mila euro del Fondo Ue agricolo per lo sviluppo rurale (Fears) il progetto Irrinet, per migliorare l’irrigazione dei campi attraverso tecnologie digitali. Un caso che “mostra il potenziale del Feasr per investimenti digitali che vadano oltre lo sviluppo della banda larga”.