La Corte di Cassazione ha stabilito un punto fermo in materia di immigrazione e diritto d’asilo, chiarendo i rapporti tra un decreto di espulsione e la successiva domanda di protezione internazionale presentata dallo straniero.
Con l’ordinanza n. 13151 del 18 maggio 2025, la Suprema Corte ha cassato la decisione del Giudice di Pace che non aveva accolto il ricorso contro il decreto di espulsione, offrendo un’interpretazione definitiva degli effetti che la richiesta d’asilo produce sul provvedimento espulsivo.
Il principio di diritto
La Cassazione ha affermato che se la domanda di protezione internazionale viene presentata dopo l’adozione del decreto di espulsione, il decreto stesso non diventa invalido o nullo in modo automatico. L’unica conseguenza che ne deriva è la sospensione della sua efficacia.
Questo significa che il decreto esiste ed è valido, ma la sua esecuzione (l’espulsione fisica) viene bloccata in attesa della valutazione della richiesta d’asilo.
In pratica:
- Il Giudice di Pace, chiamato a decidere sul ricorso contro l’espulsione, non può annullare il decreto per il solo fatto che sia stata presentata la domanda di protezione internazionale.
- Il decreto non è colpito da sopravvenuta invalidità: è solo temporaneamente inefficace.
La pronuncia trae origine da un ricorso presentato contro un decreto di espulsione emesso dal Prefetto. Nel caso specifico, lo straniero era già stato raggiunto in precedenza da un altro provvedimento di espulsione definitivo e aveva successivamente presentato la domanda di protezione internazionale.
La Cassazione, nel cassare la decisione del Giudice di Pace, ha ribadito con chiarezza che la pendenza della richiesta d’asilo non ha la forza di invalidare il decreto di espulsione, ma semplicemente ne posticipa gli effetti. La decisione è in linea con precedenti conformi della stessa Corte (come la n. 5437 del 2020), consolidando l’orientamento giurisprudenziale sul tema.
Fonte: Rassegna mensile della
giurisprudenza civile della
Corte di cassazione