L’abusivismo è una piaga cronica che affligge il territorio nazionale chiamando in causa sia le amministrazioni locali che le popolazioni residenti, talora in termini emergenziali. In particolare è di grande attualità e complessità il tema delle demolizioni che si declina spesso in interazioni conflittuali fra l’autorità giudiziaria, tenuta a eseguirle ai sensi dell’art. 655 c.p.p., e i Comuni, interlocutori necessari, obbligati a garantire la copertura della relativa spesa, mentre devono fare i conti con deficit strutturali e bilanci quasi sempre asfittici. Due gli aspetti fondamentali del problema:
– la provvista finanziaria necessaria per la copertura delle spese di demolizione di opere oggetto di R.E.S.A. e di sentenza penale passata in giudicato può essere imputata al bilancio comunale o debba – viceversa – comportare una richiesta di mutuo alla Cassa Depositi e Prestiti con imputazione in via di anticipazione al fondo di rotazione di cui al comma 12 dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003?
– un Comune dissestato, laddove si ritenga che trovi applicazione, in via esclusiva, tale ultima disposizione, può sottoporsi a indebitamento, con obbligo di restituzione delle somme acquisite presso la Cassa Depositi e Prestiti, sia pure per il commendevole fine di garantire copertura finanziaria alla esecuzione degli ordini giudiziali di demolizione?
Alla luce della normativa vigente in materia, nonché dell’orientamento della giurisprudenza penale e amministrativa, possono trarsi in relazione ai quesiti indicati le seguenti conclusioni. Essendo incompetente a dare esecuzione a un giudicato penale contenente un ordine di demolizione per opere edili abusive ai sensi dell’art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380 del 2001, il Comune non può imputare al proprio bilancio la provvista finanziaria necessaria per la copertura delle relative spese. Inoltre, qualora sia stato dichiarato dissestato, al Comune è preclusa, sino al ritorno in bonis, l’attivazione del fondo rotativo per le demolizioni giudiziali o amministrative, trattandosi di operazione comportante risorse aggiuntive e spese per le quali non è prevista alcuna copertura certa in bilancio. Operazione che non può affatto qualificarsi come “partita di giro”, equivalendo, a fronte di un recupero solo aleatorio, a vero e proprio indebitamento suscettibile di alimentare in futuro le condizioni di una nuova crisi finanziaria che il Comune stesso, mediante la procedura di risanamento, è obbligato ad evitare.
Del resto, la natura di anticipazione e l’obbligo di restituzione, sia pure in assenza di interessi, implica, comunque, che le somme del “Fondo per le demolizioni delle opere abusive” erogate dalla Cassa depositi e prestiti rientrino fra le forme di indebitamento di cui all’art. 202 del T.U. n. 267 del 2000. Dello stesso avviso è, peraltro, anche la Cassa depositi e prestiti che, nell’ambito della disciplina contrattuale alla quale subordina l’accesso al fondo, prevede il rilascio da parte degli enti locali della Delegazione di Pagamento irrevocabile e pro solvendo a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio annuale, prevista dall’art. 206 del citato T.U. quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti. Di conseguenza, le risorse che provengono dal suddetto Fondo non possono essere considerate alla stregua di “trasferimenti di capitale da altri enti del settore pubblico”, poiché danno luogo a un finanziamento avente una specifica destinazione, con obbligo irrevocabile di restituzione, la cui copertura – bisogna ribadirlo – non è assolutamente garantita, essendo il recupero delle somme dal condannato-esecutato incerto ed occasionale, condizionato dalla concreta solvibilità di quest’ultimo.