Il Consiglio di Stato interviene nuovamente in materia di incentivi energetici gestiti dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici), dettando regole più stringenti sulla nozione di “violazione rilevante” e sui presupposti che portano alla decadenza dagli aiuti di Stato.
Con la sentenza n. 7996 del 13 ottobre 2025, la Sezione Seconda ha chiarito quattro punti fondamentali, rafforzando il principio di autoresponsabilità del soggetto che richiede l’incentivo.
1. Decadenza: il termine di annullamento non è retroattivo
Sulla questione del tempo concesso al GSE per disporre la decadenza dagli incentivi, il Consiglio di Stato ha ribadito che il termine massimo di $12$ mesi (introdotto dall’art. 21-nonies della Legge 241/90 e richiamato da una disciplina transitoria del 2020) si applica solo a partire dalla data della sua introduzione, non retroattivamente.
Ciò significa che se il tempo trascorso prima dell’entrata in vigore della norma era già “irragionevole”, l’amministrazione non può considerarsi rimessa in termini: il principio tutela chi ha agito, ma non offre una “sanatoria” per la lunga inerzia amministrativa.
2. False dichiarazioni: irrilevante la buona fede
La sentenza si sofferma sul rapporto tra il potere di decadenza e l’autotutela amministrativa. Pur richiamando i principi dell’annullamento d’ufficio, la Sezione precisa che essi necessitano di un adattamento, assumendo una notazione di maggior rigore.
A fronte di dichiarazioni o documentazione incompleta o contraddittoria, il principio di autoresponsabilità del dichiarante è centrale. Di conseguenza, lo scrutinio dell’elemento soggettivo – e quindi dell’eventuale buona fede del richiedente – è ritenuto sostanzialmente neutrale.
Il GSE, in altre parole, non ha l’onere di dimostrare l’intento sotteso alla mancata presentazione di un quadro reale dei fatti (il dolo), ma è sufficiente che ne rilevi la conseguenza finale. Viene così esclusa, di fatto, la configurabilità del cosiddetto falso innocuo che non produce effetti sul diritto.
3. Decurtazione solo per le violazioni minori
La normativa prevede che, in luogo della decadenza totale dall’incentivo, possa essere disposta una decurtazione percentuale. La sentenza chiarisce che tale possibilità si pone come una “sanzione minore” e presuppone un giudizio di irrilevanza della violazione da parte del GSE.
La decurtazione è applicabile solo alle violazioni di minore entità e non a quelle che sono state rilevanti ai fini dell’ottenimento dell’incentivo stesso.
4. Artato frazionamento: è abuso del diritto
Infine, il Consiglio di Stato definisce l’artato frazionamento degli impianti come un vero e proprio abuso del diritto.
Con questa espressione si intende la pratica di dividere un unico impianto in due o più di taglia più piccola, per ottenere vantaggi o incentivi maggiori rispetto a quelli spettanti, o per eludere le regole di settore.
Tale prassi costituisce una violazione rilevante ai fini della decadenza totale, in quanto pregiudica gli altri operatori che hanno rispettato le regole e vanifica la finalità pubblica della distribuzione delle risorse per l’incentivazione.
Ai fini probatori, per il “frazionamento” non è richiesta una prova assoluta, ma è sufficiente che questo possa desumersi da fatti gravi, precisi e concordanti: come la contestualità di richieste e adempimenti, la contiguità degli impianti (di analoga potenza), l’identità del soggetto responsabile e la successiva unificazione delle particelle di ubicazione.
Fonte: Ufficio massimario della Giustizia amministrativa