Il decreto n. 122/2020 del Tribunale amministrativo per la Sardegna è uno dei primi ad affrontare la questione della legittimità delle limitazioni per ragioni sanitarie legate all’emergenza Coronavirus alle uscite per fare acquisti di generi alimentari.
Secondo i giudici amministrativi isolani “deve, infatti, essere respinta l’istanza di sospensione cautelare monocratica dell’ordinanza sindacale che ha disposto, per ragioni sanitarie legate all’emergenza Coronavirus, stringenti limitazioni alle uscite per fare acquisti di generi alimentari (una volta al giorno per i piccoli negozi e due volte alla settimana per i market), non essendo configurabile un danno irreparabile tale da giustificare l’adozione di un provvedimento cautelare monocratico inaudita altera parte e considerato che nella valutazione dei contrapposti interessi, nell’attuale situazione emergenziale, a fronte di una compressione di alcune libertà individuali deve essere accordata prevalenza alle misure approntate per la tutela della salute pubblica”.
Il decreto ha escluso, pertanto, che l’ordinanza sindacale che dispone limitazioni alle uscite per fare acquisti di generi alimentari (una volta al giorno per i piccoli negozi e due volte alla settimana per i market) determini profili di danno (individuati, dai ricorrenti, nel vedere “gravemente compromessi il loro diritto alla riservatezza, la loro libertà di movimento e le loro possibilità di approvvigionarsi di beni di prima necessità”) di gravità tale, per i ricorrenti, da giustificare l’adozione di un provvedimento cautelare monocratico inaudita altera parte di sospensione degli effetti delle ordinanze stesse.
I giudici del Tar di Cagliari hanno aggiunto che nella valutazione dei contrapposti interessi, nell’attuale situazione emergenziale, a fronte di una compressione di alcune libertà individuali deve essere accordata prevalenza alle misure approntate per la tutela della salute pubblica
Si ricorda, inoltre, nel decreto – richiamando Cons. St., sez. III, dec., 30 marzo 2020, n. 1553 – che “per la prima volta dal dopoguerra, si sono definite ed applicate disposizioni fortemente compressive di diritti anche fondamentali della persona – dal libero movimento, al lavoro, alla privacy – in nome di un valore di ancor più primario e generale rango costituzionale, la salute pubblica, e cioè la salute della generalità dei cittadini, messa in pericolo dalla permanenza di comportamenti individuali (pur pienamente riconosciuti in via ordinaria dall’Ordinamento, ma) potenzialmente tali da diffondere il contagio, secondo le evidenze scientifiche e le tragiche statistiche del periodo”.
Le ordinanze contingibili e urgenti impugnate risultano adottate in presenza dei presupposti di necessità e urgenza in materia sanitaria e non si pongono in contrasto con le disposizioni dettate a carattere nazionale e a livello regionale, peraltro richiamate nella stessa ordinanza, tenuto conto che si limitano a rendere più stringenti alcune delle misure prese a livello nazionale e regionale con il dichiarato fine di evitare che il contagio nell’ambito comunale possa diffondersi attraverso comportamenti delle persone non in linea con l’obiettivo di limitare al massimo gli spostamenti e le uscite dalla propria abitazione per l’approvvigionamento dei necessari beni alimentari.
Non appare dunque agli stessi giudici manifestamente irragionevole, nel contesto emergenziale, la contestata scelta di limitare il numero delle volte in cui può essere consentito al cittadino di recarsi in esercizi commerciali per l’approvvigionamento dei necessari beni alimentari (una volta al giorno nei piccoli esercizi e 2 volte alla settimana nei market), né tantomeno l’obbligo di indossare all’interno degli esercizi commerciali guanti e mascherine.