Sarebbero necessari 125,3 milioni per garantire il salvataggio del bonus 80 da euro ai circa 363 mila dipendenti pubblici che potrebbero vederselo intaccato a causa degli incrementi contrattuali (85 euro).
È questo un primo calcolo dell’Aran, l’Agenzia che rappresenta il governo, presentato ieri ai sindacati in occasione della ripresa delle trattative per il rinnovo del contratto. Ecco che per annullare l’effetto di riduzione del bonus collegato ai rinnovi (per cui un beneficio schiaccerebbe l’altro) occorrerebbero in media 3,70 euro mensili a testa.
Riparte, dunque, il confronto governo-sindacati per i rinnovi contrattuali degli statali. La nuova stagione 2016-2018 è particolarmente attesa per oltre 3,2 milioni di dipendenti pubblici che da otto anni non vedono un aumento salariale.
Dopo la pausa estiva, le Confederazioni sindacali sono state convocate all’Aran per discutere delle trattative per il rinnovo del contratto del pubblico impiego.
L’incontro di ieri all’Aran è servito per fare il punto sui temi da affrontare in vista del rinnovo. Il calendario, infatti, è breve se si vuole realizzare il contratto entro l’anno.
Nei prossimi giorni sono previste inoltre le convocazioni dei tavoli di comparto; il 31 agosto è convocato il tavolo delle Funzioni centrali, sul tema degli istituti del rapporto di lavoro quali malattie, permessi e coordinamento delle norme in materia disciplinare. A seguire saranno convocati i tavoli di Sanità, Istruzione e Ricerca, e Funzioni locali.
Salvaguardare l’impatto dell’aumento previsto per gli statali per non far decadere il ‘bonus Renzi’, sviluppare un welfare contrattuale e riequilibrare il modello di partecipazione sindacale: sono alcuni dei temi affrontati dalle Confederazioni convocate all’Agenzia che rappresenta le pubbliche amministrazioni nella contrattazione collettiva.
BONUS RENZI – Come neutralizzare l’effetto sul ‘bonus Renzi’ è uno dei punti chiave della trattativa, “una questione centrale”, fanno sapere fonti sindacali all’AdnKronos, per evitare che l’aumento degli 85 euro medi lordi (secondo quanto pattuito nell’accordo siglato il 30 novembre scorso tra Cgil, Cisl e Uil e la ministra della Pa Marianna Madia) faccia decadere il bonus Renzi, “trasformandolo in un aumento di 5 euro”.
WELFARE CONTRATTUALE – Secondo punto: l’importanza di sviluppare un welfare contrattuale, ovvero un sistema di sostegno per i lavoratori – attraverso risorse aggiuntive nella legge di bilancio – per richiedere anche per il pubblico impiego un regime di agevolazione fiscale e defiscalizzazione, “come già esiste nel settore privato” sottolineano le fonti.
LEGGE E CONTRATTO – E ancora: la necessità di riequilibrare il modello di partecipazione sindacale, attraverso un riequilibrio tra legge e contratto. Serve implementare forme partecipative dei sindacati in modo tale che anche certi temi (come ad esempio, “l’organizzazione del lavoro negli uffici”) siano “riportati nell’alveo della contrattazione”.
INCONTRO CON MADIA – In una nota, anche il segretario confederale della Uil Antonio Foccillo fa sapere che, nella riunione all’Aran, “si sono affrontate le tematiche relative ai rinnovi contrattuali per le parti comuni ai 4 comparti del Pubblico impiego”.
In particolare, “si è discusso del riequilibrio tra legge e contratto, dei modelli di partecipazione, di welfare contrattuale, di risorse e del c.d. bonus Renzi. Abbiamo ribadito, come Uil, che – in linea con l’accordo del 30 novembre – l’incremento economico deve essere di 85 euro e che il bonus degli 80 euro non può essere confuso con l’incremento salariale. Devono invece essere trovate soluzioni diverse, compresa la defiscalizzazione del salario di produttività”.
CALENDA – Per chiarire le posizioni, aggiunge il sindacalista, “riteniamo necessario un incontro con il ministro della Funzione Pubblica per verificare la volontà del Governo di rispettare i contenuti dell’accordo. Non condividiamo le dichiarazioni del ministro Calenda, secondo cui le risorse dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego debbano essere rivolte ad altre priorità”.
Al ministro, rileva, “ricordiamo che questo Governo, in continuità con il precedente, è tenuto a rispettare l’accordo sottoscritto tra l’altro dall’attuale ministro della Funzione pubblica. Non è accettabile confondere un legittimo diritto, quale il riconoscimento, dopo ormai 8 anni, dei dovuti incrementi contrattuali ai dipendenti pubblici, con le necessarie misure, altrettanto dovute, per la ripresa occupazionale del Paese”.
NODI AL PETTINE – “Tutti i nodi vengono al pettine e, come avevamo previsto, sarà molto difficile, se non addirittura impossibile scioglierli”. Così il segretario confederale dell’Ugl Augusto Ghinelli commenta le dichiarazioni dell’Aran in merito alla questione del bonus degli 80 euro a rischio per i dipendenti pubblici. “Nell’accordo dello scorso 30 novembre – spiega – non c’era nessuna traccia del problema del mantenimento del bonus degli 80 euro in favore dei redditi al di sotto dei 26mila euro lordi annui, ovvero quelli di oltre 360mila dipendenti della Pubblica Amministrazione”.
“Come avevamo già evidenziato all’epoca – sottolinea Ghinelli -, le risorse per il mantenimento del bonus, 125 milioni di euro secondo l’Aran, andavano previsti prima”. In una trattativa contrattuale piena di brutti scherzi, aggiunge, “i lavoratori rischiano dunque l’ennesima beffa, perché potrebbero perdere 80 euro netti in cambio dell’aumento contrattuale di 85 euro lordi, ossia poco meno di 60 euro netti”.
“Dopo quasi 9 anni di vacanza contrattuale, questa non è certamente una vittoria – conclude – bensì una nuova Spada di Damocle sulla testa dei lavoratori della Pa, nelle mani di chi, il 30 novembre 2016, aveva annunciato con entusiasmo il raggiungimento di un accordo che si sta rivelando debole e lacunoso”.