Con la sentenza n. 105 depositata il 10 luglio 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato
inammissibili le q.l.c. dell’art. 639 cod. pen. sollevate dal Tribunale di Firenze in relazione agli
artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., in ragione della ritenuta manifesta irragionevolezza e difetto di
proporzionalità del trattamento riservato dal legislatore a un fatto che, pur offendendo un
medesimo bene, ma in misura inferiore rispetto al delitto di danneggiamento, e in modo da non
comprometterne la funzionalità, ha conservato rilevanza penale nonostante l’espunzione dal
codice penale e la trasformazione in illecito civile, pecuniariamente sanzionato, del “vecchio”
danneggiamento semplice. In via subordinata, il giudice a quo aveva denunciato il contrasto con
l’art. 3 Cost. del quinto comma dello stesso art. 639 cod. pen., che dispone la procedibilità
d’ufficio per i casi di cui al secondo comma del medesimo articolo.
Ad avviso della Corte costituzionale, la scelta normativa censurata nell’ordinanza di
rimessione risponde all’esigenza di contrastare fenomeni di diffusa illegalità che si caratterizzano
per l’offesa al decoro urbano, particolarmente a fronte dell’intensificarsi di fenomeni criminali
volti a determinarlo.
Si richiama, in proposito, la nuova figura di reato di deturpamento introdotta dal d.l. n. 48
del 2025, convertito con modificazioni nella legge 9 giugno 2025, n. 80, che opera sulla struttura
della disposizione dell’art. 639 cod. pen., cui provvede a dare nuovi contenuti, e che esprime la
chiara volontà del legislatore di irrigidire il trattamento punitivo di condotte in cui plurimi sono i
beni attinti.
Si osserva che «tali disposizioni evidenziano una dimensione collettiva del fenomeno
penalmente rilevante, nella quale la condotta di deturpamento o imbrattamento non si configura
più come una meno grave declinazione del delitto di danneggiamento – in forza della natura
comune del bene protetto e del principio di sussidiarietà tra le due fattispecie – ma si pone come
lesiva di un nuovo interesse, caratterizzato da una peculiare concezione dell’estetica avente
autonoma e distinta rilevanza penale».
Conseguentemente – conclude la sentenza – un intervento da parte della Corte nel senso
auspicato dal rimettente, pur nella opinabilità della scelta legislativa concernente la perdurante
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rilevanza penale delle fattispecie di deturpamento o imbrattamento, a fronte del differente
trattamento riconosciuto a talune ipotesi di danneggiamento, comporterebbe la necessità di un
complessivo riassetto della disciplina sanzionatoria in materia, volto a isolare profili solo
patrimoniali all’interno di quella che è ormai una fattispecie unitaria più ampia, comprensiva di
una pluralità di beni, come tale precluso alla Corte.
Sulla base di tali considerazioni, è stata, altresì, dichiarata l’inammissibilità della questione
sollevata, in via subordinata, relativamente al regime di procedibilità d’ufficio del reato di
deturpamento o imbrattamento di cose altrui previsto dall’art. 639, quinto comma, cod. pen.
Fonte: Ufficio Massimario della Corte di Cassazione