Il XV Rapporto sulla comunicazione del Censis rileva come nel Belpaese sia la tv digitale terrestre che quella satellitare si attestino, rispettivamente, all’89,9% e al 41,2% di utenza, cedendo entrambe il 2,3% di spettatori nel corso di questi mesi. Continuano invece a crescere la tv via internet (web tv e smart tv possono contare su una utenza del 30,1%, +3,3% in un anno) e la mobile tv (che è passata dall’1% del 2007 all’attuale 25,9% di appassionati, con un aumento del 3,8% nell’ultimo anno). Tra i cambiamenti più rilevanti del 2018 vi è poi l’incremento di utenti dei servizi video digitali: in un anno coloro che guardano sistematicamente i programmi delle piattaforme di tv on demand sono infatti aumentati passando dall’11,1% al 17,9%, con punte del 29,1% tra gli under 30.
La radio seguita a rivelarsi un mezzo all’avanguardia nei processi di ibridazione del sistema dei media. (complessivamente, i radioascoltatori sono il 79,3%). Se la radio tradizionale perde 2,9 punti percentuali di utenza (oggi al 56,2%), come del resto l’autoradio (con il 67,7% di utenza, -2,5% rispetto allo scorso anno), la flessione è compensata dall’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via web con il pc (lo fa il 17% degli italiani) e soprattutto attraverso lo smartphone (con una utenza al 20,7%, +1,6% rispetto allo scorso anno). Più in generale, i cittadini che usano Internet aumentano dal 75,2% al 78,4% (+3,2% rispetto al 2017 e +33,1% dal 2007).
Le persone che si servono degli smartphone salgono dal 69,6% al 73,8% (+4,2% nell’ultimo anno, mentre ancora nel 2009 li adoperava solo il 15% della popolazione) e gli utenti dei social network crescono ancora passando da 67,3% al 72,5% . Ad aumentare sono altresì gli utenti di WhatsApp: il 67,5% della popolazione nazionale, l’81,6% degli under 30. Più della metà dei cittadini utilizza i due social network più popolari: Facebook (56%) e YouTube (51,8%). Notevole è il passo in avanti di Instagram, che arriva al 26,7% di utenza (e al 55,2% tra i giovani). Mentre Twitter scende al 12,3%.
Ma vediamo ora di che salute gode la carta stampata. Nel 2007 i quotidiani venivano letti dal 67% degli italiani, ridotti al 37,4% nel corso del 2018 (anche se nell’ultimo anno registrano un +1,6% di utenza). Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il decremento non è stato compensato dai giornali online, che nello stesso periodo hanno ampliato l’utenza passando solo dal 21,1 al 26,3%. Gli altri portali web dedicati all’informazione sono tuttavia consultati dal 46,1% degli italiani. Restano stabili i settimanali (con il 30,8% di lettori, -0,2% in un anno) e i mensili (con il 26,5% di lettori, -0,3%).
Niente di buono sotto il sole per quanto riguarda l’editoria, i lettori di libri infatti continuano a diminuire sempre più. Se nel 2007 il 59,4% dei cittadini aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno, nel 2018 il dato scende al 42% (-0,9% rispetto al 2017). E neppure gli e-book (letti solo dall’8,5%, -1,1% nell’ultimo anno) hanno compensato la contrazione.
Il valore dei consumi complessivi delle famiglie non è ancora tornato ai livelli pre-crisi (-2,7% nel 2017 rispetto al 2007), ma la spesa per smartphone è più che triplicata nell’ultimo decennio (+221,6%, per un valore di quasi 6,2 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella per computer è aumentata del 54,7%, i servizi di telefonia si sono riassestati in basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-10,4% nel periodo 2007-2017, per un valore però di quasi 17,5 miliardi di euro nell’ultimo anno) e la spesa per libri e giornali ha subito un collo (-38,8% in dieci anni). Complessivamente, nel 2017 la spesa per cellulari, servizi di telefonia e traffico dati ha raggiunto i 23,7 miliardi di euro.
Naturalmente sono i giovani quelli che si muovono con maggiore destrezza nel sistema della comunicazione digitale, sfruttando più di chiunque altro ogni opportunità offerta. Quest’anno tra gli under 30 la quota di utenti di Internet supera il 90%, mentre è ferma al 42,5% tra gli over 65. Più del 70% dei giovani è iscritto a Facebook e usa YouTube, contro circa il 20% dei pensionati. In riferimento al ruolo svolto dai social network nella comunicazione politica, vediamo infine che i cittadini si dividono tra sostenitori e detrattori in due parti pressochè uguali. Il 16,8% ritiene che i social svolgano una funzione importante, perché così i politici possono parlare direttamente alla gente, senza troppe intermediazioni; il 30,3% pensa che siano utili, perché in questo modo i cittadini possono dire la loro rivolgendosi direttamente ai politici; il 23,7% invece crede che siano inutili perché le notizie di maggior rilievo si trovano sui giornali e in tv, il resto è gossip. Vi è poi un 29,2% che è convinto che i social network siano addirittura dannosi, poichè favoriscono il populismo attraverso le semplificazioni, gli slogan e gli insulti rivolti agli avversari. In definitiva, dati alla mano, i giudizi positivi sulla disintermediazione digitale in politica sono espressi dal 47,1% dei cittadini.
Le rilevazioni sono contenute nel XV Rapporto sulla comunicazione del Censis, promosso da Facebook, Intesa Sanpaolo, Mediaset, Rai, Tv2000 e Wind Tre, presentato ieri a Roma presso la Sala Capitolare del Senato da Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, e discusso da Gian Paolo Tagliavia, chief digital officer della Rai, da Gina Nieri, consigliere di amministrazione di Mediaset, da Massimo Porfiri, amministratore delegato di Tv2000, da Massimo Angelini, direttore Pr Internal & external communication di Wind Tre, da Fabrizio Paschina, responsabile direzione comunicazione e immagine di Intesa Sanpaolo, da Francesco Rutelli, presidente di Anica, e da Giuseppe De Rita, presidente del Censis.