Una decisione della Corte di Cassazione fa chiarezza sugli obblighi dichiarativi dei comuni in materia di tributi locali e trasferimenti erariali compensativi. Con l’ordinanza n. 13053 del 16 maggio 2025, la prima sezione civile ha stabilito un importante principio riguardo i minori introiti Ici (o Imu, stante la successiva evoluzione normativa) derivanti dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali per i fabbricati di categoria D (immobili industriali, opifici, ecc.).
L’obbligo di dichiarazione a maglie strette
La questione centrale riguarda la dichiarazione che i comuni devono inviare annualmente, come previsto dall’articolo 2, comma 4, del decreto ministeriale n. 197 del 1992, per ottenere il contributo statale compensativo. Questo contributo è diretto a ristorare i municipi per le minori somme incassate in Ici a causa delle rendite provvisorie.
Secondo la pronuncia (relatore dottoressa Reggiani Eleonora, Presidente dottor Scotti Umberto), l’invio di tale dichiarazione è necessario solo ed esclusivamente se, nell’anno di riferimento, si sono accertate effettivamente nuove minori entrate (o se queste superano la soglia minima prevista dalla norma).
Non è necessaria la presentazione di detta dichiarazione, essendo le minori entrate dichiarate negli anni precedenti compensate con trasferimenti erariali oramai consolidati.
Compensi statali consolidati
Il principio di diritto espresso è chiaro: se in un determinato anno i minori introiti Ici/Imu non si verificano o sono irrisori, i comuni non hanno l’onere di presentare la dichiarazione. Le minori entrate di anni passati, infatti, sono già state oggetto di compensazione e, di conseguenza, i relativi trasferimenti erariali da parte dello stato sono considerati ormai consolidati e acquisiti dal bilancio comunale.
La sentenza, che cassa con rinvio una precedente decisione della corte d’appello di Brescia, fornisce così un’importante semplificazione operativa per gli enti locali e delimita con precisione l’ambito di applicazione della normativa di riferimento (tra cui l’articolo 64 della legge n. 388 del 2000).
Fonte: Rassegna mensile della
giurisprudenza civile della
Corte di cassazione