Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8464 del 30 ottobre 2025, ha ribadito l’ampiezza del potere discrezionale dell’amministrazione nel valutare le domande di concessione della cittadinanza italiana. Secondo i giudici di Palazzo Spada, non è possibile distinguere rigidamente tra gli elementi che descrivono il grado di integrazione socio-economica dello straniero e quelli che potrebbero segnalare una sua non piena adesione ai valori fondamentali della comunità nazionale. Tutti questi aspetti, infatti, devono essere considerati in un’unica valutazione complessiva della personalità e della condotta del richiedente.
La decisione sottolinea che anche un comportamento potenzialmente indicativo di scarsa adesione ai valori nazionali può perdere rilievo se inserito nel quadro più ampio della vita dello straniero, del suo percorso di integrazione e del suo radicamento sociale e familiare.
Particolarmente significativa è la precisazione sulla rilevanza delle notizie di reato. Una semplice informazione non accertata né approfondita non può ostacolare automaticamente la concessione della cittadinanza. L’amministrazione è tenuta a verificare gli sviluppi del procedimento penale o a valutare autonomamente la gravità del fatto, anche alla luce del tempo trascorso. Nel caso esaminato, il reato risultava estinto per prescrizione, come confermato dal decreto di archiviazione.
La sentenza conferma inoltre che, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, lettera f) della legge n. 91 del 1992, lo Stato ha il diritto di verificare la compatibilità tra l’interesse dello straniero a diventare parte della comunità nazionale e l’interesse pubblico a garantire che chi acquisisce la cittadinanza condivida i valori che costituiscono il fondamento della collettività. L’obiettivo non è l’automatica esclusione, ma una valutazione ponderata e contestuale, che tenga insieme integrazione e adesione ai principi che definiscono l’identità civica del Paese.
Fonte: Ufficio Massimario del Consiglio di Stato