Un cittadino di Pechino può consultare con lo smartphone le bozze delle politiche proposte dall’amministrazione locale, porre domande a riguardo e dare un feedback, nello stesso modo in cui si modifica una pagina di Wikipedia: basta scaricare un’app (“I love Beijing My City Government Wiki”). Si tratta di iniziative pensate per rendere più semplice la vita degli abitanti delle megalopoli cinesi, e Pechino non è un caso isolato: sfruttando le nuove tecnologie, le amministrazioni locali sperano di rendere le città smart e, in questo modo, efficienti. Secondo la China Academy of Information and Communication Technology (su dati del Ministero cinese dell’industria e dell’Informazione tecnologica), il programma di investimenti pubblico-privati in tecnologie digitali (soprattutto Internet of Things) e ICT in progetti smart city cinesi arriverà a superare i 610 miliardi di dollari nel 2020 (circa 4.000 miliardi di yuan).
Le smart city ‘parlano’, dunque, mandarino, e l’Italia deve cogliere l’opportunità ‘agganciandosi’ ai progressi della Cina con il proprio know how. La considerazione è emersa dal convegno ‘Smart Cities and Digital Trasformation Dialogue, Italy and China’. “Uno dei problemi più importanti nelle applicazioni delle nuove tecnologie – ha affermato Vincenzo Scotti, presidente della Link Campus University che ha organizzato l’evento insieme a ChinaEu – è la smart city, come rendere le città più umane. La Cina è già avanzata e in pochi anni ha ottenuto risultati positivi, bisogna mettere in discussione le due esperienze, vedendo tutte le sfide e le opportunità e i rischi connessi, trovando il modo per avere uno scambio di informazioni, una cooperazione industriale e in campo di ricerca”. Nei prossimi anni, ha spiegato Luigi Paganetto, vicepresidente di Cdp, in Cina 350 milioni di persone si trasferiranno in aree urbane, e il paese ha 500 progetti di smart city, oltre metà di quelli previsti nel mondo. “Le città – ha sottolineato – sono lo strumento che ci può portare verso un’innovazione giusta”.
L’occasione cinese, ha sottolineato il presidente della Fondazione Italianieuropei Massimo D’Alema, deve essere colta. “La Cina è una sfida a fare meglio, non a chiudere i nostri confini – ha affermato -, ci sono molte opportunità di collaborazione. Noi siamo molto rispettati dalla Cina, vorrei che fossimo più all’altezza della nostra storia. Il tema fondamentale deve essere la reciprocità”.