Lo sviluppo selvaggio provoca più guasti che benefici. Se ne sta accorgendo la Cina che, in alcuni decenni di crescita accelerata, è divenuta la “fabbrica del mondo”, ma sta pagando prezzi molto alti in termini di alterazione dell’ambiente. Non a caso, il 2017 comincia proprio nel segno dell’inquinamento per Pechino e per le altre città del nord e del centro del Paese, con 300 voli ritardati o cancellati a causa di una fitta coltre di smog. Nella capitale, l’ente municipale per la protezione dell’Ambiente ha proclamato altri tre giorni di allerta ‘orange’, il secondo livello della scala d’allarme di quattro. Già nei giorni scorsi, però, in 25 città cinesi era stato proclamato l’allerta ‘rosso’, il massimo grado, che prevede la chiusura di fabbriche, scuole e cantieri per motivi precauzionali. Nelle centraline per le rilevazioni delle polveri sottili delle città settentrionali cinesi questa mattina i valori eccedevano più volte il limite di sicurezza stabilito dall’Oms di 25 microgrammi per metro cubo di pm 2.5. e nel pomeriggio in diverse città della provincia settentrionale di Hebei i valori superavano i 400 microgrammi per metro cubo.