Il 54° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2020 rappresenta un Sistema Italia che gira a fatica su ruote quadrate, un sistema che necessita di interventi energici e prospetta un dopo Covid preoccupante. Finito il ciclo di sviluppo, ci vorranno meno ristori e più organizzazione e riordino sistematico delle problematiche che il Paese si trascina da anni. Un paese che fatica a riconoscersi, scosso nelle fondamenta da ciò che avevamo rimosso, uno spaesamento dell’italianità dove non si riconosce più nulla, con un ritorno alla ribalta del rimosso e del mai e risolto, ma d’altra parte la stessa crisi rappresenta una straordinaria opportunità per metter mano ai problemi strutturali e preesistenti della società.
Il Covid lascia un Pil in caduta libera e un aumento delle tasse, riaffiorano le questioni territoriali con in primis la questione meridionale, ma anche la settentrionale che soffre il ricambio generazionale e il ritorno in patria delle aziende. Serve un progetto collettivo, che affronti anche il problema/nodo della classe dirigente del Paese, che si assuma maggiori responsabilità con uno sguardo a lungo raggio al futuro e risolva gli annosi problemi in maniera programmatica. Nella sanità quest’anno sono emerse tutte le difficoltà strutturali derivanti da anni di contenimento della spesa pubblica, nella scuola si è evidenziato l’aumento del tasso di abbandono scolastico e la difficoltà d’inclusione degli studenti nella Didattica A Distanza.
Dal punto di vista economico, il Pil ha subito una perdita complessiva del 10%, aggravando la discesa iniziata dal 2008 con un crollo del 18% degli investimenti e del 22% delle esportazioni. Nei conti pubblici il rapporto fra debito e Pil ha toccato il 160%. Il settore occupazionale registra una perdita di 457.000 posti di cui il 57% riguarda la perdita dei posti di lavoro delle donne soprattutto al sud, un tasso così basso non si riscontrava dagli anni ’50.
Dal punto di vista sociale, l’epidemia ha scoperto tutte le nostre vulnerabilità dando uno scossone al benessere acquisito e all’aumento della lunghezza della vita. In questo scenario lo Stato ha rappresentato un fattore salvagente, anche se il 73% degli italiani oggi ha più paura dell’incertezza dell’ignoto e del futuro. Il 58% è disposto a rinunciare alle proprie libertà personali, il 38% ai diritti civili in cambio di un benessere economico, il 67% vuole pene severe per chi non usi le mascherine, il 77% ritiene che chi sbaglia deve pagare, il 56% vuole il carcere per i contagiati, il 31% vuole che non siano curati gli irresponsabili, il 49% dei giovani ritiene che gli anziani debbano essere curati per ultimo, l’80% vuole un regolamentazione ferrea per le prossime festività, il 45% pensa che dall’epidemia ne usciremo male, il 44% è favorevole alla pena di morte. L’86% degli italiani pensa che si sia ampliata la forbice delle divisioni, il 72% delle donne occupate entro i 50 anni è senza figli, contro il 35% con figli.
La pandemia ha indubbiamente rappresentato un grande switch per il digitale, una vita da remoto che però esclude 1/3 della popolazione anziana, in vertiginoso aumento rispetto a un tasso di natalità in picchiata con meno 400.000 nati, dato che porterà nel prossimo decennio inesorabilmente a una flessione della popolazione italiana complessiva. Dati che delineano uno scenario indubbiamente preoccupante in cui parte degli italiani sembra difendersi ingrossando a dismisura il lago della liquidità precauzionale, un’economia paralizzata dall’incertezza con più risparmi e soldi messi da parte, dove il 40% degli italiani pensa che sarà un azzardo totale aprire un’attività nel post Covid.
Un quarto della popolazione ha usufruito di 2000 euro a testa di bonus economy, che però non rappresentano un aiuto sufficiente, in quanto 5 milioni di occupati del settore turismo, commercio, artigianato si sono già inabissati, mentre si sono salvati 3,2 milioni di dipendenti pubblici, mentre il 54% delle piccole imprese riesce ancora a sopravvivere, ma il settore turismo ha risentito pesantemente della situazione, Soltanto fra luglio e agosto gli aeroporti hanno registrato un calo di viaggiatori del 40% nei voli nazionali e dell’ 80% nei voli internazionali.
E infine un dato singolare: nel 2018 il rapporto tra occupati e pensionati era pari a 1,45 e in 2 anni la spesa previdenziale ha avuto un incremento annuo del 2,2%, ma se la spesa pensionistica è pari all’11,7% del Pil, quella inclusiva della Gestione interventi assistenziali arriva al 16,6%. In breve, traducendo i dati, scopriamo che durante l’emergenza sanitaria 16 milioni di pensionati hanno svolto il ruolo di «silver welfare» a supporto di figli e nipoti, facendo scoprire il valore sociale ed economico delle pensioni.