Giornata di esternazioni da parte di Raffaele Cantone quella che lo ha visto partecipe al corso di formazione in programma alla facoltà di Scienze Politiche di Palermo. Il presidente dell’Anac, forse, si è tolto qualche sassolino dalla scarpa. Ha cominciato con lo stigmatizzare i così detti “paladini antimafia”: “Molte persone si sono improvvisate paladini dell’antimafia e non c’è stata una valutazione reale su chi facesse antimafia e chi fosse a farlo. Per qualcuno è stato un brand per altri fini, e quindi ci sono state situazione di soggetti che hanno usato questo brand per fini personali. Si è verificato in Sicilia e in altre regioni, ed è un tema di cui l’antimafia sociale deve farsi carico, anche se è difficile capire come… Penso che l’antimafia sociale abbia svolto un ruolo fondamentale per i risultati nella lotta alla mafia – ha continuato – ed è peccato che vicende singole rischino di buttare tutto a mare. Però il tema è molto rilevante ed è difficile intervenire. Certo non si può pensare di dare a qualcuno una patente antimafia, o prevedere che qualcuno possa dare patenti antimafia. Soprattutto dal punto di vista dell’autorevolezza e del seguito sociale. Queste vicende di chi s’improvvisa paladino e poi si scopre essere altro fanno un danno rilevantissimo”.
Cantone si è poi soffermato sugli aspetti legali del problema: “Su gran parte della normativa antimafia, per come è stata approvata, sono d’accordo. C’è necessità di intervenire sul codice antimafia sopratutto per quanto riguarda la gestione dei beni confiscati. La riforma va nella giusta direzione.Le perplessità le ho espresse relativamente all’estensione della normativa antimafia alla corruzione perché credo si tratti di due istituti diversi – ha aggiunto – Si rischia di snaturare un sistema di prevenzione che ha il suo carattere eccezionale legato alle mafie. Credo sia poco opportuno inserirlo con riferimento alla corruzione, e si rischia di avere effetti tutt’altro che positivi. Poi ovviamente è il parlamento a fare le valutazioni”. In ogni caso, ha ribadito, “la corruzione limita gli investimenti ovunque. Nei panel degli investitori internazionali rientra ad esempio il livello di corruzione. Quando c’è un Paese considerato ad alto tasso di corruzione gli investitori ne tengonoconto, così come tengono presenti gli aspetti di una burocrazia non particolarmente attiva ed efficiente. Sono fattori che limitano la concorrenza economica”.