Saranno presenti gli studi, i precedenti incarichi, le esperienze maturate. Ma non il nome, il sesso e l’età del candidato. Sono i nuovi curriculum “al buio” che debuttano al Comune di Bologna in occasione della selezione del Comitato dei garanti, che vigila sull’ammissibilità dei referendum consultivi. Le candidature diventano dunque “genderless“: non viene specificato se le competenze e le esperienze messe nero su bianco si riferiscono ad un uomo o ad una donna. La novità riguarda, in questa occasione, la selezione del Comitato dei garanti che, in base allo Statuto di Palazzo D’Accursio, ha il compito di giudicare l’ammissibilità o meno dei referendum consultivi. La mossa anti-discriminazione è stata caldeggiata dall’eletta in Consiglio comunale Emily Clancy, volto di Coalizione civica, messa ai voti dalla presidente della commissione Affari istituzionali Lucia Borgonzoni (Lega nord) e approvata all’unanimità, con la sola astensione della consigliera Raffaella Santi Casali (Pd).
Prende così forma uno dei primi criteri che il Consiglio è chiamato a stabilire per scegliere i nuovi Garanti: una volta definiti tutti i parametri, i gruppi dovranno selezionare cinque candidati tra i 31 che hanno risposto all’avviso pubblico che l’amministrazione, pur non essendoci un obbligo di legge in tal senso, ha deciso di pubblicare per avviare il rinnovo dell’organismo. Ai cinque nomi si potrà arrivare direttamente in commissione oppure, se la rosa resterà più ampia, la selezione dovrà avvenire tramite il voto in aula. Per cominciare, i consiglieri dovranno esaminare i curricula senza sapere a chi appartengono.
L’avvocato Clancy, che ha fatto ricerca sull’anti-discriminazione tra l’Università di Bologna e il King’s College di Londra, ha preso spunto proprio dall’Inghilterra. “Lì hanno adottato come prassi l’utilizzo dei curricula genderless, senza foto, nome ed età- spiega alla ‘Dire’ la consigliera civica- così da ottenere valutazioni scevre da qualsiasi possibile discriminazione”. In questo modo, continua Clancy, non solo si può evitare di essere influenzati dall’eventuale conoscenza personale dei candidati, ma si favorisce una scelta “libera da pregiudizi sull’età o il sesso”. Un fattore di cui tener conto, visto che gli studi su queste tematiche “dimostrano che spesso, anche inconsciamente, si tende a preferire il candidato uomo a fronte di curricula di pari valore”. Così facendo, però, c’è il rischio di effettuare le nomine senza rispettare alcun equilibrio di genere. In realtà, fa notare Clancy, la soluzione è semplice: è sufficiente formare una graduatoria più ampia e poi scorrerla per garantire la rappresentanza di uomini e donne. L’idea portata in commissione da Clancy “è molto buona”, commenta Borgonzoni, “perchè pensiamo sia giusto favorire l’imparzialità nella scelta” dei candidati.