“La nostra economia è senza dubbio ripartita. Ma non è ancora ‘ripresa’. E’ una risalita modesta, deludente, che non ci riporterà in tempi brevi ai livelli pre-recessione. Le conseguenza della doppia caduta della domanda e delle attività produttive sono ancora molto profonde – ha esordito Vincenzo Boccia, neo presidente di Confindustria, nella sua prima assemblea – Una situazione che impone importanti sfide proprio a cominciare dagli imprenditori. Per risalire la china – ha sottolineato – dobbiamo attrezzarci al nuovo paradigma economico. Noi imprenditori dobbiamo costruire un capitalismo moderno fatto di mercato, di apertura ai capitali e d’investimenti nell’industria del futuro”.
Entrando nel merito delle proposte, Boccia ha auspicato l’accelerazione delle riforme. Un percorso obbligato se l’Italia vuole tornare a essere un Paese autorevole. Toccando il tema del referendum, ha convintamente sposato le ragioni del Sì: “Confindustria si batte fin dal 2010 per superare il bicameralismo perfetto e riformare il titolo V della Costituzione. Constatiamo con soddisfazione che oggi vediamo che questo traguardo è a portata di mano. La nostra posizione e le conseguenti azioni sul referendum verrano decise nel Consiglio generale convocato per il 23 giugno – ha poi aggiunto – Una democrazia moderna prevede che chi si oppone a una riforma, a un governo o a una misura, avanzi proposte alternative subito praticabili e non usi l’opposizione solo per temporeggiare”.
Spaziando a 360 gradi, il presidente di Confindustria a parlato anche di conti pubblici: “Servono manovre di qualità. Politiche a saldo zero, ma non a costo zero. E questo senza creare nuovo deficit, perché con il debito non si costruisce una crescita duratura. In generale, nella gestione del bilancio pubblico, non chiediamo scambi né favori, ma politiche per migliorare i fattori di competitività”, ha spiegato. Nella parte conclusiva del proprio intervento, Boccia si è soffermato su due temi strategici per il futuro del Paese: il Fisco e i contratti di lavoro. “Spostare il carico fiscale, alleggerendo quello sul lavoro e imprese e aumentando quello sulle cose – ha suggerito al Governo, ponendo l’accento sul ridimensionamento delle aliquote fiscali da finanziare con la revisione delle tax expenditure e la diminuzione dell’evasione. La competizione tra paesi si gioca anche sul fisco – ha ammonito – Per questo va bene la riduzione Ires al 24% dal 2017, che però non basta. Ricordiamo che l’Italia ha la non invidiabile anomalia dell’elevata imposizione locale sui fattori di produzione. Un’imposizione che da noi, al contrario degli altri Paesi, è deducibile solo in minima parte”.
Infine, il ragionamento di Boccia ha aggredito il tema scottante delle relazioni industriali, affrontando in particolare la questione del nuovo modello contrattuale, il cui negoziato partirà appena conclusa la stagione dei rinnovi. “Al centro, come unica strada praticabile, dovrà esserci lo scambio salari-produttività”, ha sentenziato. Si è rivolto poi ai leader sindacali invitandoli ad aprire la trattativa. “A malincuore abbiamo accettato la decisione dei sindacati di arrestare questo processo per dare precedenza ai rinnovi dei contratti collettivi nel quadro delle vecchie regole, lasciando così ai singoli settori il gravoso compito di provare a inserire elementi di innovazione. Adesso non si può interferire con i rinnovi aperti”, ha concluso.