Eurolandia deve essere messa al riparo da passi indietro sulle riforme pensionistiche adottate o in via di adozione da parte degli Stati membri. E’ quanto sentenzia la Bce in un articolo contenuto nell’ultimo Bollettino economico. “Le dinamiche demografiche avranno implicazioni macroeconomiche e fiscali fondamentali per l’area dell’euro. In particolare, l’invecchiamento comporterà un calo dell’offerta di lavoro e avrà probabilmente effetti negativi sulla produttività – si legge nel testo, senza però entrare nel merito delle singole riforme dei Paesi membri – Ci saranno anche ulteriori pressioni al rialzo sulla spesa pubblica per pensioni, assistenza sanitaria e cure a lungo termine – proseguono gli estensori dell’articolo – Ciò renderà problematico per i paesi dell’area ridurre il consistente onere del loro debito e assicurare la sostenibilità dei conti pubblici nel lungo periodo”. Gli economisti della Bce, inoltre, ricordano che “molti Paesi hanno adottato riforme pensionistiche a seguito della crisi del debito sovrano, benché la rapidità di attuazione di tali riforme sia recentemente diminuita”. In questo quadro si colloca indubbiamente la così detta “riforma Fornero”, osteggiata da diverse forze politiche durante la recente campagna elettorale. Passano poi a delineare una serie di raccomandazioni: “Nella zona euro l’implementazione di ulteriori riforme in questa area si rivela essenziale e non deve essere differita, anche in vista di considerazioni di economia politica”. E ancora: “Mentre le riforme previdenziali concorreranno a ridurre l’effetto fiscale dell’invecchiamento della popolazione, le loro implicazioni macroeconomiche precise potrebbero variare considerevolmente a seconda della natura specifica di questi provvedimenti di riforma. In particolare – spiegano – l’aumento dell’età di pensionamento potrebbe ridimensionare gli effetti macroeconomici negativi dell’invecchiamento, grazie all’effetto favorevole sull’offerta di lavoro e sul consumo interno. Al contrario, la riduzione del tasso di sostituzione tenderà a contrastare in misura molto limitata tali effetti macroeconomici, mentre l’aumento delle aliquote contributive tenderà di fatto ad esacerbarli”.