Le Sezioni Unite Civili, con la sentenza n. 30051 del 21 novembre 2024 – si legge in una nota diffusa dagli organi informativi dei giudici della cassazione- risolvendo il contrasto rilevato dalla Sezione Tributaria con l’ordinanza interlocutoria n. 33665 del 2023 – hanno affermato i seguenti principi:
«In tema di accertamento tributario, il potere di autotutela tributaria, le cui forme e modalità sono disciplinate dall’art. 2-quater, comma 1, d.l. n. 564 del 1994, conv. nella legge n. 656 del 1994 e dal successivo d.m. n. 37 del 1997, di attuazione, e, con decorrenza dal 18 gennaio 2024, dagli artt. 10-quater e 10-quinquies, legge n. 212 del 2000, trae fondamento, al pari della potestà impositiva, dai principi costituzionali di cui agli artt. 2, 23, 53 e 97 Cost. in vista del perseguimento dell’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi legalmente accertati; di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria, ove non sia decorso il termine di decadenza per l’accertamento previsto per il singolo tributo e sull’atto non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato, può legittimamente annullare, per vizi sia formali che sostanziali, l’atto impositivo viziato ed emettere, in sostituzione, un nuovo atto anche per una maggiore pretesa».
«In caso di autotutela tributaria sostitutiva in malam partem, con adozione di un nuovo atto per una maggiore pretesa in sostituzione di quello annullato, il legittimo affidamento del contribuente non è integrato dalla mera esistenza del precedente atto viziato ovvero dall’errata valutazione delle circostanze poste a suo fondamento, ostandovi il generale dovere di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva in forza degli artt. 2 e 53 Cost.; può, per contro, assumere rilievo, ai fini della configurabilità del legittimo affidamento, l’esistenza di specifiche indicazioni erronee o di condotte intrinsecamente contraddittorie da parte dell’agenzia fiscale anteriormente all’adozione dell’atto illegittimo qualora le somme pretese siano state compiutamente versate e ricorrano ragioni di certezza e stabilità».
Fonte: Corte di Cassazione