La richiesta di Autonomia arrivata da molte regioni è al centro del dibattito politico di queste settimane. Il Consiglio dei ministri ha avviato il percorso delle intese con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna che dovrebbe portare ad attribuire a queste regioni una serie di competenze che incidono sulla vita dei cittadini: dalla scuola, alla sanità, alle casse di risparmio. Una novità che entusiasma la maggior parte degli abitanti delle tre Regioni, ma spaventa i residenti del Sud che temono il venir meno di risorse che assicurino i servizi di base.
Oltre alle tre Regioni ‘pioniere’ nell’intraprendere questo percorso inedito, altre cinque hanno già fatto richiesta formale in questo senso al ministero degli Affari regionali. Si tratta della Liguria, di Toscana, Piemonte, Marche e Umbria: queste ultime due hanno fatto una richiesta congiunta. Al Sud invece, nonostante qualcuno abbia strizzato l’occhio a questa possibilità, il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha puntato il dito contro il processo intrapreso dal governo, dicendosi pronto a bloccarlo sul piano di un ricorso alla Corte Costituzionale e della mobilitazione.
Il servizio studi del Senato (ufficio ricerche sulle questioni regionali e delle autonomie locali) ha pubblicato un dossier (il n. 104, febbraio 2019) dedicato al “processo di attuazione del regionalismo differenziato”.
“Nella parte conclusiva della XVII legislatura – si legge nella “introduzione” del Dossier – si è registrato l’avvio dei negoziati con il Governo su iniziativa delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Il 28 febbraio 2018 si è giunti alla definizione di tre distinti accordi “preliminari”2 ciascuno sottoscritto dal rappresentante del Governo e dal Presidente della regione interessata, con cui le parti hanno inteso dare rilievo al percorso intrapreso e alla convergenza su principi generali, metodologia e un (primo) elenco di materie in vista della definizione dell’intesa per l’attribuzione dell’autonomia differenziata. Inoltre nelle altre regioni ordinarie si era registrata ampia attenzione sul tema: sette consigli regionali avevano conferito al Presidente l’incarico di attivare il negoziato con il Governo per l’attuazione del regionalismo differenziato e altre tre regioni avevano assunto iniziative preliminari, senza tuttavia giungere al formale conferimento di un mandato in tal senso”.
L’avvio della XVIII legislatura ha reso il processo in atto di maggiore attualità politico-istituzionale, “tanto che nel programma di Governo è espressamente prevista l’attuazione del regionalismo differenziato”.
Il “Dossier si propone di offrire un aggiornamento dello stato dell’arte del processo alla vigilia della presentazione della proposta di intesa che il Governo intende sottoporre ai Presidenti delle regioni interessate”.
Nel corso del Consiglio dei Ministri del 15 febbraio il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Erika Stefani, dopo gli incontri bilaterali che ha avuto con i Ministri interessati, ha illustrato i contenuti delle intese ed “il Consiglio dei ministri – si legge nel comunicato stampa di Palazzo Chigi – ne ha preso atto e condiviso lo spirito”.
Il Dossier del servizio studi del Senato , oltre ad essere un’utile guida sul tema, fornisce diversi chiarimenti e alcuni spunti di riflessione.
Prima di tutto chiarisce la differenza fra il processo che si è messo in moto recentemente e quello che invece ha portato alle “Regioni a Statuto speciale”, perché – chiarisce il dossier – “l’attivazione dell’autonomia differenziata ex art.116, terzo comma, della Costituzione non conferisce alle regioni interessate lo status di regioni speciali. Queste ultime sono infatti enucleate all’articolo 116, primo comma, della Costituzione e hanno nello Statuto speciale, fonte di rango costituzionale, la propria fonte in cui sono delineate ‘forme e condizioni particolari di autonomia'”. Mentre “le regioni ordinarie cui è attribuita maggiore autonomia ai sensi dell’art.116, terzo comma trovano nella legge ordinaria, sia pure rafforzata e atipica (cfr. §3.3), la fonte giuridica delle “forme e condizioni particolari di autonomia” ulteriori rispetto al quadro delle competenze delineato per le medesime regioni ordinarie dalle (altre) disposizioni costituzionali (ed in particolare dall’art.117)”. Questo “genere” di Regioni può “godere di maggiore autonomia in ambiti materiali circoscritti agli ambiti di legislazione concorrente e a limitate materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato” ed ha “una posizione giuridica peculiare, poiché le ulteriori forme e condizioni di autonomia, una volta concesse, non possono essere revocate unilateralmente, come in astratto potrebbe avvenire nei confronti di una regione a statuto speciale, previa approvazione di una legge costituzionale diretta a mutare le competenze ad essa attribuite. Trattandosi di una legge basata su un’intesa, le disposizioni in essa recate potrebbero essere incise solo da una fonte primaria approvata, oltre che dalla maggioranza assoluta di Camera e Senato, sulla base di una nuova intesa fra le parti”.
Ma qual è lo spazio della possibile autonomia differenziata? Coincide con “tutte le materie di potestà legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.)”, ovvero: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle regioni; commercio con l’estero tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. L’autonomia differenziata può essere richiesta anche su “materie di potestà legislativa esclusiva statale:- organizzazione della giustizia di pace (art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.); – norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lett. n), Cost.); – tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.)”.
“L’articolo 116, terzo comma, sancisce che la legge è approvata “sulla base di intese fra lo Stato e la regione interessata”. Il tenore della disposizione esclude che il disegno di legge possa prescindere dai contenuti (e a fortiori dalla mancata sottoscrizione) delle intese”. La legge deve comunque “rispettare i principi di cui all’articolo 119 della Costituzione. Fra questi si richiamano in particolare il rispetto dell’equilibrio di bilancio e l’obbligo di concorrere all’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea (primo comma); il principio della disponibilità di risorse autonome (secondo comma) o comunque non vincolate (terzo comma) e in ogni caso idonee all’integrale finanziamento delle funzioni pubbliche attribuite (quarto comma); l’impossibilità di ricorrere all’indebitamento se non per finanziare spese di investimento (sesto comma)”.
All’attribuzione di competenze e materia deve corrispondere – spiega il Dossier del Senato “”l’assegnazione delle necessarie risorse finanziarie, in conformità all’articolo 119 della Costituzione e ai princìpi della medesima legge n. 42”.
La legge dovrà poi essere approvata”a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. Si tratta, pertanto, di una legge rinforzata.
Negli Accordi preliminari con le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto “Si stabilisce che l’approvazione della legge debba avvenire, sulla base di intesa fra Stato e regione e “su proposta del Governo” e tutte e tre le regioni si riservano la possibilità di estendere il negoziato – in un momento successivo – ad altre materie.
“L’attribuzione dell’autonomia differenziata: deve corrispondere a specificità proprie della regione” e “deve essere “immediatamente funzionale” alla crescita e allo sviluppo della regione”.
La durata (art. 2, commi 1 e 2) è fissata in “10 anni. Al termine, l’intesa cessa i propri effetti. In relazione alla “verifica dei risultati fino a quel momento raggiunti” da effettuarsi nell’ultimo biennio, si potrà procedere al rinnovo dell’intesa o alla sua rinegoziazione”.
L’intesa non può essere modificata. Il cambiamento è “ammissibile solo nell’ipotesi in cui “nel corso del decennio si verifichino situazioni di fatto o di diritto che ne giustifichino la revisione” e a condizione che sulle modifiche ci sia accordo tra lo Stato e la regione interessata”. Quindi “nessuna modifica è possibile in via unilaterale”.
Quanto alle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie per l’esercizio delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (art. 4), “una Commissione paritetica Stato-regione provvederà a determinare le risorse da assegnare o trasferire alla regione. Nel far ciò, la Commissione è tenuta a rispettare i seguenti principi:
– le risorse finanziarie saranno determinate in termini di compartecipazione o riserva di aliquota al gettito di uno o più tributi erariali maturati nel territorio regionale;
– le risorse dovranno essere quantificate in modo da consentire alla regione di finanziare integralmente le funzioni pubbliche attribuite (ai sensi dell’art.119, quarto comma, Cost.);
– in una prima fase occorrerà prendere a parametro la spesa storica sostenuta dallo Stato nella regione riferita alle funzioni trasferite o assegnate;
– tale criterio dovrà tuttavia essere oggetto di progressivo superamento (che dovrà essere completato entro il quinto anno) a beneficio dei fabbisogni standard, da definire entro 1 anno dall’approvazione dell’Intesa 35.
I fabbisogni standard sono misurati in relazione alla popolazione residente e al gettito dei tributi maturati nel territorio regionale in rapporto ai rispettivi valori nazionali, rimanendo inalterati gli attuali livelli di erogazione dei servizi.
“Oltre alle tre regioni che hanno sottoscritto gli accordi preliminari, ve ne sono altre che hanno deliberato di avviare i negoziati con il Governo. Più precisamente:
– 7 regioni ordinarie hanno formalmente conferito al Presidente l’incarico di chiedere al Governo l’avvio delle trattative per ottenere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Si tratta di Campania, Liguria, Lazio, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria: con esse il Governo potrebbe avviare immediatamente i negoziati.
– 3 regioni hanno assunto iniziative preliminari (consistenti nell’approvazione di atti di indirizzo) senza tuttavia giungere ad una formale approvazione di un mandato. Si tratta di Basilicata, Calabria, Puglia.
– 2 regioni, Abruzzo e Molise, non risultano ad oggi aver intrapreso iniziative formali per l’avvio della procedura ex art.116, terzo comma, della Costituzione”.
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/DOSSIER/0/1103442/index.html?part=dossier_dossier1