Assegnazione della casa familiare: la Cassazione chiarisce il concetto di convivenza del figlio maggiorenne

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14458 del 30 maggio 2025, ha chiarito un principio importante in materia di assegnazione della casa familiare quando vi è un figlio maggiorenne.

Secondo i giudici di legittimità, la “convivenza rilevante” prevista dall’articolo 337-sexies del codice civile richiede che il figlio abbia una stabile dimora presso l’abitazione in questione. Non basta, quindi, che il figlio faccia ritorni saltuari o regolari ma sporadici: in tali casi si tratta solo di ospitalità, non di convivenza.

La Cassazione ha precisato che la coabitazione può essere compatibile con periodi di assenza anche prolungati per motivi di studio o di lavoro, purché il figlio mantenga un legame stabile con la casa e vi faccia ritorno appena possibile. La presenza deve essere temporalmente prevalente nell’arco di un periodo di riferimento (anno, semestre o mese).

Applicando questo principio, la Suprema Corte ha cassato la decisione della Corte d’Appello di Catanzaro, che aveva confermato l’assegnazione della casa familiare all’ex moglie senza verificare se il figlio, trasferitosi in un’altra città per motivi di studio e già mantenuto direttamente dal padre, mantenesse effettivamente un rapporto stabile con l’abitazione.

La pronuncia ribadisce così l’orientamento già espresso in precedenti decisioni (tra cui Cass. n. 16134/2019 e n. 25353/2024), sottolineando che l’assegnazione della casa familiare è giustificata solo se essa rappresenta il centro effettivo degli interessi e della vita quotidiana del figlio.

Fonte: Rassegna massimario della Corte di Cassazione