Si fa un gran parlare di mercato e di libera concorrenza, ma pecche e limiti del nostro Paese in questa materia abbondano. Esemplari in tal senso le risultanze del Rapporto della Commissione d’inchiesta parlamentare sull’innovazione, la cui lettura critica è valsa a Fabio Tonacci un dettagliato articolo di denuncia sul quotidiano La Repubblica: “Sprechi negli appalti pubblici, l’Italia butta via milioni sull’acquisto di software e servizi digitali”. I contenuti del quale meritano di essere ripresi. “Siamo al 25esimo posto in classifica su 28 Paesi dell’Unione, e a occhio ci rimarremo ancora per molto perché in Italia – scrive Tonacci – mancano competenze adeguate, soprattutto nei livelli apicali. E perché stiamo buttando via milioni di euro di denaro pubblico a causa di una “concezione desueta del digitale”. Spendiamo meno dei partner europei, e spendiamo peggio”.
Secondo il Rapporto, che ha incrociato i dati dell’Anticorruzione e di Consip, dal 2011 a oggi le amministrazioni pubbliche hanno bandito 34.183 gare nel settore digitale, aggiudicando appalti per 20,4 miliardi di euro (software, servizi telefonici, piattaforme di trasmissione dati, manutenzione). Nell’85% dei casi, tuttavia, si è presentato alla gara un solo partecipante, che ovviamente è risultato vincitore, mentre la metà delle volte l’offerta non ha proposto alcun ribasso rispetto alla base d’asta. Sono stati utilizzati, inoltre, per lo più metodi di aggiudicazione che non prevedono concorrenza, come la procedura negoziata senza pubblicazione (29%), l’affidamento diretto (20%), la procedura negoziata senza gara (13%). Guarda caso risultano concorrenti unici la Telecom (996 gare), seguita da Engineering Ingegneria Informatica (574 gare) e Oracle Italia (452 gare).
Altro dato significativo – sottolineato dall’articolo di Tonacci – riguarda il tempo medio tra la pubblicazione di un bando di gara e l’aggiudicazione, pari a 63 giorni, ma sparse sul territorio si scoprono “situazioni di eclatante lentezza”. Segue la citazione di alcuni esempi particolarmente negativi: nel Comune di Fiesole l’attesa si dilata fino a 722 giorni; a Modugno ci vogliono 715 giorni; la Provincia di Terni ci mette 688 giorni. Anche l’ipertecnologica Agenzia spaziale italiana ne impiega 634 per assegnare un bando. Le amministrazioni centrali ritardano un po’ meno: il Mipaf ( Ministero per le Politiche agricole e forestali) può prendersi 381 giorni per l’aggiudicazione; il ministero della Difesa 89 giorni; il Dipartimento per l’immigrazione del Viminale 76 giorni.
Incredibile anche un altro aspetto riportato dal Rapporto della Commissione d’inchiesta: 4.055 gare risultano essere state aggiudicate nello stesso giorno della pubblicazione del bando, o addirittura prima. Non mancano poi sbagli di altro tipo “Gli errori presenti nella banca dati nazionale degli appalti pubblici – sentenziano i redattori del Rapporto – sono innumerevoli e dall’indagine emerge che l’intero processo di acquisizione dei dati è estremamente inefficiente e inefficace. Il tentativo di istituire la figura del Chief Digital Officer a costo zero – aggiungono – è chiaramente fallito. E molte ombre si allungano sui due progetti studiati dalla Commissione: il Sian (Sistema informativo agricolo nazionale per l’erogazione dei fondi europei) e l’Anpr (Anagrafe popolazione residente)”. Riguardo al primo, il Rapporto individua criticità sulle competenze tecnologiche “quasi totalmente assenti nella parte pubblica”, cosa che rende impossibile il controllo di qualità. Del secondo, constata che 23 milioni di euro non sono stati sufficienti a completarne la realizzazione.