La potenza computazionale richiesta dall’Intelligenza Artificiale (AI) sta crescendo in modo esponenziale, mettendo sotto pressione le reti elettriche e i bilanci globali. Secondo la sesta edizione del Global Technology Report di Bain & Company, se l’attuale traiettoria dovesse continuare, la domanda globale di energia per i data center potrebbe raggiungere i 200 gigawatt entro il 2030, di cui la metà solo negli Stati Uniti.
La sfida degli investimenti:
Per soddisfare questa domanda, la costruzione dei data center necessari richiederebbe circa 500 miliardi di dollari di investimenti annui. Un livello insostenibile solo con gli incentivi governativi, che richiederà al settore privato di generare nuove entrate. Per coprire il fabbisogno, i ricavi dei provider cloud dovrebbero raggiungere circa 2.000 miliardi di dollari. Tuttavia, anche spostando tutti i budget IT aziendali sul cloud e reinvestendo i risparmi ottenuti dall’AI, resterebbe un gap finanziario di 800 miliardi l’anno.
Mauro Colopi, partner e responsabile italiano Technology, Media and Telecommunications di Bain & Company, sottolinea: “L’AI sta mettendo sotto pressione le catene di approvvigionamento a livello globale. Entro il 2030 i leader tecnologici dovranno affrontare questa sfida trovando soluzioni sostenibili per una domanda in crescita esponenziale”.
Il dilemma e la nuova competizione:
I manager si trovano di fronte a un dilemma: se investono troppo rischiano capacità inutilizzata, ma se sottovalutano la crescita rischiano di non cogliere l’onda di mercato. L’avvento dell’AI ha aperto la competizione a nuovi livelli, dalle infrastrutture ai modelli, coinvolgendo sia i giganti tecnologici che nuovi player emergenti che attirano capitali.
L’impatto dell’AI è più profondo di quello del cloud, secondo Colopi: le soluzioni SAAS, ad esempio, dovranno essere radicalmente trasformate. Fattori come geopolitica, regolamentazioni, progressi nel quantum computing e l’Agentic AI complicano ulteriormente lo scenario, rendendo l’adattabilità una competenza cruciale.
L’ascesa dell’Agentic AI e il deal-making:
Le aziende più avanzate hanno già registrato incrementi dell’Ebitda (tra il 10% e il 25%) grazie all’AI, e le più innovative stanno investendo nell’Agentic AI. Antonio Travaglini, senior partner di Bain & Company, prevede: “Nei prossimi 3-5 anni fino al 10% della spesa IT potrebbe essere destinata a creare foundational capabilities per AI, incluse piattaforme di agenti intelligenti”.
Nonostante un rallentamento del deal-making tecnologico dovuto a tensioni geopolitiche, il settore ha mostrato resilienza. Tuttavia, secondo gli esperti, “l’età dell’oro” degli investimenti in software, basata su una crescita scontata dei ricavi SAAS, si sta chiudendo, richiedendo ora nuove fonti di crescita e margini migliorati tramite l’eccellenza operativa.
Obiettivi frammentati a livello globale:
Infine, la relazione evidenzia che gli obiettivi sull’AI sono frammentati a livello globale: la Cina punta al controllo della catena del valore, l’Europa si concentra su compliance e sovranità dei dati, mentre il Medio Oriente cerca di inserirsi nell’ecosistema globale. Travaglini conclude: “Pensare a standard globali è poco realistico: le definizioni di AI responsabile divergono e riflettono contesti politici e culturali differenti”, creando sfide significative per le multinazionali che devono adattare ogni flusso di lavoro AI ai mercati locali.