La Corte di Cassazione (Sezione Lavoro, Ordinanza n. 10402 del 21 aprile 2025) ha stabilito un principio fondamentale riguardante gli avvocati interni degli enti locali e i loro compensi professionali: l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) non può essere in alcun modo traslata a carico dei dipendenti, ma resta interamente a carico della Pubblica Amministrazione (P.A.) datrice di lavoro.
La natura retributiva dei compensi
L’ordinanza, che ha accolto il ricorso e cassato con rinvio una sentenza della Corte d’Appello di Firenze, chiarisce la natura dei compensi dovuti agli avvocati dipendenti degli enti locali. La Suprema Corte ha ribadito che tali compensi, previsti da norme come l’art. 27 del CCNL del 14 settembre 2000 per regioni e autonomie locali, l’art. 1, comma 208, della legge n. 266 del 2005 e l’art. 9 del D.L. n. 90 del 2014, hanno una natura retributiva.
Di conseguenza, per la Cassazione, i professionisti hanno diritto a percepire i compensi “al netto dell’IRAP“: ciò significa che l’imposta deve essere pagata dalla P.A. datrice di lavoro.
Esclusa la traslazione diretta o indiretta
Il punto cruciale della decisione risiede nel divieto imposto alla P.A. di far gravare l’imposta sui suoi dipendenti. L’ente pubblico non può ridurre le risorse destinate ai compensi professionali degli avvocati interni, né in via diretta né in via indiretta.
La Cassazione è chiara: la P.A. non può ridurre le risorse che — in base alla legge, alla contrattazione collettiva o al regolamento dell’ente — sono destinate agli avvocati interni a titolo di compensi professionali in proporzione all’ammontare dell’IRAP. In sintesi, l’ente non può decurtare il fondo destinato ai compensi per coprire l’onere fiscale.
Questa pronuncia si allinea a precedenti massime della stessa Sezione Lavoro, confermando l’orientamento giurisprudenziale in materia. L’ordinanza riafferma quindi la tutela del trattamento economico degli avvocati dipendenti della P.A., confermando che l’onere fiscale relativo all’IRAP è responsabilità esclusiva del datore di lavoro pubblico.
Fonte: Rassegna mensile della
giurisprudenza civile della
Corte di cassazione