Le Sezioni Unite tornano a pronunciarsi sulla portata dell’art. 12, L. 448/2001, il quale ha riformato l’art. 2 del Decreto Legislativo n. 546/1992, stabilendo la competenza del giudice tributario per “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie”. Lo stesso articolo contiene anche una clausola di esclusione, ai sensi della quale “restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento”.
Sul solco dell’interpretazione letterale già effettuata dalla stessa Corte nel 2008 (S.U. Cass., sent. n. 8279/2008), le Sezioni Unite, con la recente sentenza n. 8770/2016, stabiliscono che l’opposizione alla cartella esattoriale, poiché mero atto prodromico alla fase esecutiva, non è investita dalla clausola di esclusione di cui al secondo periodo dell’art. 2, D.Lgs. 546/1992.
Nel caso di specie, il Giudice di pace affermava la propria competenza nel giudizio attinente l’impugnazione di cartella esattoriale, cartella emessa per il mancato pagamento di contributi consortili. Secondo la Suprema Corte, il giudice di prime curesarebbe incorso in errore nel qualificare l’atto in questione quale “opposizione alla procedura di esecuzione forzata tributaria intrapresa dall’Ente di riscossione con la notifica della cartella esattoriale” errando altresì in merito alla qualifica della natura di cui ai contributi di bonifica obbligatori.
Con tale pronuncia la Suprema Corte ribadisce che le controversie in materia di contributi di bonifica obbligatori rientrano sempre nella giurisdizione delle Commissioni Tributarie, essendo incontestabile la natura agli stessi attribuibile, quali entrate di natura tributaria.
La pronuncia in esame risulta pertanto chiarificatrice in ordine non tanto, in ultima analisi, alla portata della norma che stabilisce i limiti della giurisdizione tributaria, quanto alla natura giuridica della cartella esattoriale.
Tramite la notificazione di tale atto, la cartella per l’appunto, nessun bene o diritto del debitore viene limitato nel suo godimento, né trasferito ad altro titolare. La cartella esattoriale non è quindi qualificabile come atto dell’esecuzione forzata. La sua natura è infatti quella di atto giuridico il cui fine è quello di creare un titolo valido a legittimare una futura – ed eventuale – esecuzione forzata. In questo senso, è quindi assimilabile all’atto di precetto.
La diretta conseguenza di tale qualificazione della natura della cartella esattoriale è quella di escludere la competenza del giudice dell’esecuzione, nel caso di specie il Giudice di Pace, a favore della giurisdizione tributaria.
Ne consegue che l’impugnazione degli atti prodromici all’esecuzione, quali la cartella esattoriale o l’avviso di mora (o l’intimazione di pagamento ex art. 50, D.P.R. n. 602/1973) è devoluta alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie, se autonomamente impugnabili ai sensi dell’art. 19 del medesimo D.Lgs. ed alle stesse sono devolute tutte le questioni attinenti all’ an ed al quantum della pretesa, compresa quindi, come nel caso di specie, l’eccezione in merito alla prescrizione del tributo.