La CTR della Campania ha rigettato l’appello proposto nei confronti del Comune di Ischia avverso la sentenza della CTP relativa ad un Avviso di accertamento TARSU/2012 riguardante la detenzione dei ruderi della Cattedrale dell’Assunta situata in quel territorio comunale.
La ricorrente ha lamentato che il giudice di appello avrebbe totalmente omesso di pronunciarsi sui motivi dedotti, essendosi limitato al mero richiamo di altra decisione intervenuta tra le stesse parti peraltro non ancora passata in giudicato; inoltre per non avere riconosciuto il diritto alla riduzione del 40 per cento della tariffa, in violazione della norma regolamentare del Comune che attribuiva tale agevolazione qualora la distanza dell’immobile dal più vicino centro di raccolta rientrasse nella zona perimetrata o di fatto non superiore ai mille metri.
La Suprema Corte, con l’Ordinanza n. 26719/2017 del 13 novembre 2017, ha rigettato il ricorso della contribuente rilevando che la sentenza impugnata non si è limitata al mero acritico richiamo di altra decisione intervenuta tra le parti per analoga questione relativa alle annualità 2005-2010 ma ne ha espressamente trascritto i passaggi dichiarando di condividerne le affermazioni, con ciò uniformandosi anche a precedenti della stessa Corte di legittimità.
È stato ritenuto infondato anche il motivo di censura riguardante la pretesa violazione dell’art. 59 del decr. legisl. n. 507/1993 e dell’art. 2 del Regolamento TARSU, che avrebbe comportato una applicazione indiscriminata della riduzione tariffaria. La Corte ha giudicato corretta la valutazione della CTR che ha rilevato la evidente improprietà lessicale della norma regolamentare, come agevolmente rilevabile dalla disposizione contenuta nel successivo Regolamento TARES del 2013, che legittima la riduzione del tributo per le utenze poste a distanza superiore ai mille metri dal più vicino punto di conferimento, misurato dall’accesso dell’utenza alla strada pubblica.
Né, infine, è stato condiviso dalla Corte il ragionamento della ricorrete secondo cui la mera sottoposizione al vincolo storico-artistico dell’area scoperta dell’immobile ne comporterebbe la inidoneità alla produzione di rifiuti, quando invece, ad esempio, un complesso vincolato aperto ai turisti con annessa area di ristoro o dei servizi igienici è ben idoneo a produrre rifiuti. D’altra parte, sempre ad avviso della Corte, per le aree inidonee alla produzione di rifiuti, per loro natura o per il particolare uso, è onere del contribuente indicare nella denuncia le obiettive condizioni di inutilizzabilità e provarle in giudizio, onere non assolto dalla contribuente nel caso in questione.