Un mercato del lavoro che non può fare a meno degli stranieri. Nei prossimi tre anni saranno ammessi in Italia attraverso il “Decreto flussi” 452.000 cittadini stranieri, un numero decisamente più alto rispetto al passato. I lavoratori stranieri sono 2.374.000 e rappresentano il 10,3% del totale degli occupati. Di questi, 2.068.000 (l’87,1%) sono lavoratori dipendenti. Tra i lavoratori dipendenti stranieri, il 22,5% (465.000) è occupato a tempo determinato e il 24,4% (579.000) ha un lavoro part time. Tra gli stranieri occupati, il 29,9% svolge lavori per cui non è necessaria alcuna qualifica professionale, contro il 9,5% degli occupati italiani, e solo l’8,2% è impiegato in professioni tecniche e qualificate, contro il 37,3% degli italiani. Il 48,2% degli stranieri che lavorano è in possesso al massimo della licenza media (tra gli italiani la quota è del 27,4%), mentre l’11,5% è in possesso di un titolo terziario (tra gli italiani la quota sale al 25,8%). E il 61,4% degli stranieri laureati svolge lavori di livello più basso rispetto al titolo conseguito. Sono gli stessi cittadini italiani che dichiarano per il 72,8% del totale che i migranti svolgono lavori necessari che gli italiani non vogliono fare, con percentuali che arrivano al 76,0% nelle regioni del Sud.
Stranieri necessari (ma non sufficienti) per contrastare il calo demografico. I cittadini stranieri non rappresentano solo una risorsa indispensabile per il nostro mercato del lavoro, sono anche un serbatoio di giovani necessari per cercare di ridare vitalità a un sistema demografico in forte crisi. Sono 5.050.000, pari all’8,6% della popolazione totale, in aumento del 9,5% rispetto a dieci anni fa (oltre 400.000 in più nel decennio), ma sono aumentati di solo lo 0,4% nell’ultimo anno (circa 20.000 in più). Senza gli stranieri, oggi l’Italia sarebbe un Paese di poco meno di 54 milioni di abitanti. Il 45,6% degli stranieri residenti (circa 2,3 milioni) ha meno di 35 anni (tra questi, il 20,8% è un minore e il 24,8% è un giovane di 18-34 anni). Solo il 5,4% è ultrasessantacinquenne. Tra gli italiani, invece, gli under 35 sono circa 17 milioni, pari al 31,7% del totale. Tra questi, il 14,9% ha meno di 18 anni e il 16,8% è un maggiorenne con meno di 35 anni. Inoltre, più della metà delle donne straniere residenti (il 55,6%) è in età feconda (con una età tra 15 e 49 anni), mentre tra le italiane la percentuale scende al 37,0%. L’età media delle madri al parto è di 29,7 anni per le straniere e di 32,8 anni per le italiane. Il numero medio di figli per donna per le italiane è di 1,2, per le straniere è di 1,9. In definitiva, gli stranieri danno un significativo contributo al nostro bilancio demografico. Nel 2022 sono nati più di 53.000 figli da entrambi i genitori stranieri, pari al 13,5% dei nati. E quasi 30.000 da almeno un genitore straniero. Senza di loro, le nascite in Italia sarebbero state ridotte a sole 311.000.
L’americanizzazione della criminalità nelle grandi aree urbane. Il 20,8% degli italiani si sente insicuro nella zona in cui vive. La percentuale sale al 35,2% tra chi vive nelle città con più di 500.000 abitanti. Cresce l’allarme sociale: il 33,6% di chi abita nelle città più grandi ritiene che negli ultimi cinque anni la propria zona di residenza sia diventata più pericolosa, contro il 17,2% di chi vive in contesti urbani medio-piccoli, con al massimo 30.000 abitanti. Im effetti, nel 2022 nelle 14 aree metropolitane italiane, dove vive il 36,2% della popolazione, sono stati denunciati complessivamente 1.066.975 reati, pari al 47,3% del totale (percentuale che sale al 61,7% nel caso delle rapine e al 53,7% nel caso dei furti), con un aumento del 9,8% nell’ultimo anno, rispetto una media nazionale pari a +7,2%. Il 26,3% dei reati commessi in Italia (uno su quattro) avviene nelle tre aree metropolitane di Roma, Milano e Napoli, dove vive complessivamente il 17,7% della popolazione italiana: 231.293 crimini commessi nell’ultimo anno a Roma, 225.078 a Milano, 135.980 a Napoli. Qui aumentano soprattutto quei reati che destano maggiore allarme sociale: una rapina su quattro (il 38,9% del totale) avviene in una delle tre maggiori città italiane. Nell’ultimo anno nella capitale sono diminuite, ma sono aumentate del 23,2% a Milano e del 23,3% a Napoli. Inoltre, nelle tre città si compie il 32,7% del totale dei furti registrati in Italia, il 49,6% di scippi e borseggi. I furti di auto e moto, in particolare, sono concentrati a Napoli: 24.200 nel 2022, il 19,3% del totale nazionale.
Il divide della sicurezza digitale. I reati informatici aumentano significativamente. Il 76,9% degli italiani si è imbattuto in almeno una minaccia digitale nell’ultimo anno (e la percentuale sale all’87,3% tra i nativi digitali). Il 60,9% ha ricevuto un sms o un messaggio su WhatsApp con l’invito a cliccare su un link sospetto, il 56,0% è stato bersaglio di e-mail ingannevoli che chiedevano informazioni sensibili, il 15,9% ha ricevuto la richiesta di denaro da persone conosciute sul web, l’8,9% è stato truffato facendo acquisti online, il 6,6% ha scoperto pagamenti fraudolenti eseguiti con la propria carta di credito. Inoltre, l’8,8% si è intrattenuto con persone conosciute sul web che avevano dichiarato una identità falsa, l’8,5% ha scoperto account fake sui social network, l’8,2% ha subito una violazione della privacy con la condivisione non autorizzata di dati, foto o video. Di fronte a pericoli così diffusi, l’85,9% degli italiani è preoccupato per la propria sicurezza informatica e il 58,8% adotta misure concrete per difendersi. La consapevolezza dei rischi e l’adozione di contromisure sono però fortemente influenzate dal livello di istruzione e dall’età, con una parte rilevante del corpo sociale che resta un facile bersaglio della criminalità online.
Il modello italiano di gioco legale alla prova dell’online. Quasi 23 milioni di italiani hanno praticato almeno una volta il gioco legale nel corso dell’ultimo anno. Di questi, 7 milioni lo hanno fatto spesso. Dal 2020 la raccolta del gioco a distanza ha superato quella del gioco in presenza. Il 26,5% degli italiani gioca anche o esclusivamente online (l’8,1% lo fa spesso). Per la quasi totalità degli italiani (il 91,3%) lo Stato deve regolare e gestire il gioco legale a tutela della collettività. L’87,7% ritiene che il rispetto delle regole e la tutela dei consumatori dipendano dall’affidabilità dei concessionari che gestiscono i giochi per conto dello Stato. L’86,8% pensa che sia importante che i gestori dei luoghi del gioco legale siano formati per sensibilizzare le persone al gioco responsabile. L’attività online però ha reso più difficile il contrasto del gioco illegale. Nel 2022 i controlli delle autorità hanno portato alla chiusura di 261 siti web.
Fonte: Censis