Le Smart City spopolano ai quattro angoli del pianeta. Il trend ha il vento in poppa e va sostenuto perché promette un futuro migliore per milioni di persone. A livello globale sta infatti crescendo un movimento importante, destinato a mutare struttura e forma di centinaia di città in tutti i continenti. E, tuttavia, la realtà ha sempre due facce: una luminosa, l’altra in ombra. La seconda, il lato oscuro, bisogna comunque prenderla in considerazione e tentare di governarla per evitare che sopravanzi la parte positiva. In altre parole, alle città intelligenti, o che aspirano a diventarlo, corrispondono specularmente le Dark City, ossia le aree urbane più pericolose del pianeta. Queste ultime sono già da tempo sotto osservazione da parte di autorevoli gruppi di ricerca di levatura internazionale. Tant’è che è stata persino stilata una classifica da parte di un centro di ricerca messicano – Consejo Ciudadano para la Seguridad Publica y Penal – delle prime 50 città violente del mondo, 41 delle quali si trovano in America Latina. Diverse le sorprese rispetto alle precedenti edizioni. Non è più, ad esempio, la famigerata Ciudad Juarez, nello stato messicano di Chihuahua – a due passi dall’omologa El Paso in Texas – ed ex capitale mondiale del crimine alla fine dello scorso decennio, al top della lista. Addirittura, ne è uscita. Segno che la guerra fra i cartelli della droga che l’hanno insanguinata a lungo si è attenuata. Evidentemente, è subentrata quella che Don Winslow nel suo ultimo formidabile libro (“Il Cartello”, Einaudi, 2015) definisce “Pax narcotica”.
Un altro consolidato luogo comune, relativo alla colombiana Medellin come città più pericolosa, è stato smentito. L’ex patria del narcotrafficante più famoso al mondo, Pablo Escobar, è andata fuori classifica nel 2015. Negli anni ’90 era di gran lunga il luogo più violento non solo del Sudamerica, ma di tutti e cinque i continenti. La situazione dell’ordine pubblico è migliorata anche in altre città: Belo Horizonte (Brasile); Cucuta (Colombia); Chihuaha, Cuernavaca, Nuevo Laredo e Torreon (Messico). Se, però, il crimine organizzato e diffuso sta scemando in taluni centri urbani, si registrano situazioni in cui le cose peggiorano. Caracas, capitale del Venezuela, è divenuta, secondo gli analisti, la prima della lista: 120 omicidi ogni 100 mila abitanti. Seguono a ruota San Pedro Sula, in Honduras; San Salvador in El Salvador, e Acapulco, località turistica messicana un tempo molto ambita, oggi percorsa da bande di narcos che si combattono nelle strade. Anche i Los Zetas, la gang più feroce che si conosca, esperta di torture e decapitazioni, vi ha messo radici. Complessivamente – concludono gli analisti messicani – soprattutto a causa del narcotraffico, la palma d’oro del degrado e della violenza urbana se l’aggiudica l’America latina, mentre gli Usa sono citati soltanto per quattro città: St. Louis, Baltimora, Detroit e New Orleans.
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