Il Rapporto annuale è frutto della collaborazione tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ISTAT, INPS, INAIL e ANPAL, sviluppata nell’ambito dell’Accordo quadro che ha l’obiettivo di favorire la diffusione d’informazioni armonizzate, complementari e coerenti sulla struttura e sulla dinamica del mercato del lavoro in Italia, valorizzando la ricchezza delle diverse fonti d’informazione sull’occupazione – amministrative e statistiche – per rispondere all’esigenza di una lettura sempre più integrata dei dati sul fenomeno esaminato.
Nel 2020, la pandemia dovuta al COVID-19 ha condizionato in maniera cruciale gli sviluppi dell’economia e della società, in Italia come nel mondo intero. L’emergenza sanitaria e la conseguente sospensione delle attività di interi settori produttivi hanno rappresentato anche nel nostro Paese uno shock improvviso e senza precedenti sulla produzione di beni e servizi e, di conseguenza, sul mercato del lavoro. In particolare nel secondo trimestre 2020 si è assistito a un crollo dell’attività economica, seguito da un recupero, per certi aspetti superiore alle aspettative, nel terzo trimestre e una nuova riduzione nel quarto dovuta alla recrudescenza della diffusione dei contagi.
Gli approfondimenti contenuti nel Rapporto descrivono gli effetti del COVID-19 sulla domanda e sull’offerta di lavoro, il ruolo degli ammortizzatori sociali messi in campo, e le ricadute sulla qualità del lavoro. Data la natura dei provvedimenti di sostegno alle imprese e ai lavoratori, gli effetti della crisi si sono manifestati più sulle ore lavorate che sull’occupazione; ciononostante il numero di persone rimaste senza lavoro è considerevole, soprattutto a seguito delle cessazioni dei contratti a termine non rinnovati e del venir meno di nuove assunzioni in un generalizzato clima di “sospensione” delle attività, inclusa quella della ricerca di lavoro. Il calo dell’attività e dell’occupazione si è concentrato nei servizi e, complessivamente, ha avuto effetti ridotti nella manifattura.
Le categorie più colpite dall’emergenza sanitaria sono quelle che già erano contraddistinte da condizioni di svantaggio; si tratta in particolare delle donne, dei giovani e degli stranieri che sono stati penalizzati perché più spesso occupano posizioni lavorative meno tutelate, per giunta nei settori e nei tipi di impresa che sono stati investiti più duramente dalla crisi. L’emergenza ha prodotto anche un mutamento repentino della modalità di erogazione della prestazione lavorativa che è stata resa, laddove possibile, da remoto (lavoro agile, telelavoro, altre modalità). La digitalizzazione e il distanziamento sociale hanno concorso a produrre una nuova segmentazione nel mercato del lavoro, distinguendo tra chi può lavorare da casa e chi, per la natura della prestazione, è strettamente legato al luogo di lavoro.
In tale contesto, gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali sono nettamente in calo per il ridimensionamento dell’esposizione al rischio. La pandemia ha creato una nuova generazione di infortuni, quelli da contagio da COVID-19, che hanno in parte compensato la riduzione delle complessive denunce tradizionali e, per l’importante letalità dell’evento, aggravato il numero degli infortuni mortali. L’emergenza sanitaria, ancora in corso, determina una situazione di incertezza sui tempi e sulle modalità della ripresa economica. In ogni caso, le ripercussioni saranno di lungo periodo e potrebbero comportare anche cambiamenti strutturali e permanenti del sistema economico. In questo difficile contesto, il Rapporto fornisce elementi di riflessione, basati sull’evidenza empirica e sul rigore analitico, che sono utili a favorire lo sviluppo del dibattito pubblico sul tema del lavoro e che possono contribuire all’orientamento delle politiche.
Fonte: Ministero del lavoro e delle politiche sociali