Da decenni il sistema-mondo è attraversato e rivoluzionato da un processo incessante d’innovazione tecnologica che investe tutti i settori e gli aspetti della vita associata, in particolare l’economia e le istituzioni pubbliche, per non parlare del costume e delle relazioni interpersonali. E’ superfluo citare l’impatto su tutto ciò di Internet e del digitale. E ora, l’ultima e più avanzata frontiera del cambiamento continuo, della realtà liquida e contaminata dal virtuale, si è palesata all’intero globo, attualmente scosso da una guerra commerciale dai rischiosi esiti, giacchè si paventa l’avvento di una nuova recessione, almeno in Europa: la corsa all’intelligenza artificiale. I giganti mondiali dell’informatica e della finanza sono impegnati in questa gara senza esclusione di colpi, così come i centri di ricerca e le potenze statuali costituite. Il destino delle Smart city e dell’Industria 4.0 dipenderà essenzialmente da questo “fattore X”. E l’Italia nella grande tenzone globale che ruolo gioca? Una parziale risposta la fornisce, sulla base di dati accurati, l’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano. Il mercato dell’Intelligenza Artificiale (AI) è agli albori nel Belpaese – scrivono i ricercatori – con una spesa per lo sviluppo di algoritmi di appena 85 milioni di euro nel 2018. Solo il 12% delle imprese ha portato a regime almeno un progetto in questo campo, quelli più diffusi riguardano gli assistenti virtuali. E restano interrogativi sull’impatto nel mondo del lavoro, dove è da considerarsi più una opportunità che una minaccia: se da un lato il 33% delle aziende intervistate dice di aver dovuto assumere nuove figure professionali qualificate, dall’altro il 27% ha dovuto ricollocare personale dopo l’introduzione di una soluzione di Intelligenza Artificiale.
“La ricerca evidenzia un mercato dinamico ma ancora agli albori, caratterizzato da una scarsa consapevolezza da parte delle imprese delle opportunità dell’Artificial Intelligence – affermano Nicola Gatti, Giovanni Miragliotta e Alessandro Piva, Direttori dell’Osservatorio – Tutti gli attori del mercato devono prendere posto ai blocchi di partenza per una trasformazione di cui non si conoscono ancora appieno le regole e la durata, ma di cui si comprendono già l’enorme portata e le implicazioni”.
Riguardo al mondo del lavoro, l’indagine rivela come l’Intelligenza artificiale sia da considerarsi più una opportunità che una minaccia: se è vero che 3,6 milioni di posti potranno essere sostituiti nei prossimi 15 anni dalle macchine, nello stesso periodo però ci sarà un deficit di circa 4,7 milioni di posti nel Paese dovuto prevalentemente a ragioni demografiche. “Oggi le esigenze e i bisogni delle aziende sono molteplici, per questo credo fermamente che sia necessario divulgare la cultura relativa agli strumenti di AI che possono essere adottati. – afferma Piero Poccianti, presidente dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale – Senza una conoscenza approfondita dell’azienda, dei dati e del loro significato e, almeno superficialmente, delle tecniche di IA, il progetto aziendale è destinato al fallimento. Cultura significa capire quali siano le opportunità ma anche e soprattutto i limiti di questo grande ombrello qual è l’AI – che al suo interno racchiude vari ambiti proprio come l’intelligenza umana. Per questa motivazione è fondamentale creare una connessione, una sinergia fattiva tra industria e ricerca e, inoltre, trovare un linguaggio comune per favorire la comunicazione tra questi due mondi”.