L’Italia è al quarto posto nella classifica europea per qualità del dato dopo Germania, Irlanda e Danimarca. A dirlo è il Report Open Data Maturity in Europe, presentato la scorsa settimana, che del tema rileva e approfondisce la dimensione. L’indagine analizza i diversi step delle politiche di dati aperti riscontrando l’impatto politico, sociale ed economico nei vari Paesi europei.
Per quanto riguarda l’Italia una conferma va, ad esempio, al progetto OpenCup che vede riconosciuto a livello internazionale il lavoro svolto riguardo all’apertura del dato in un settore strategico come quello della programmazione economica della spesa pubblica e, più in generale, rappresenta un segnale concreto degli impatti effettivi che le politiche di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico possono avere sulla società e sull’economia europea. Passando in rassegna i risultati di performance, nello State of play 2018 vediamo che l’Italia si posiziona al quarto posto nella classifica europea per qualità del dato, dopo Germania, Irlanda e Danimarca e per il secondo anno consecutivo si conferma tra i Paesi trendsetter, insieme a Cipro Spagna Irlanda e Francia.
Il nostro Paese si piazza ai primi posti per il grado di maturità degli open data registrando oggi un ottimo 80% e guadagnando così ulteriori posizioni rispetto all’anno precedente. Le iniziative di open data avviate in Italia e il numero di data set rilasciati non sono ancora paragonabili a contesti più maturi, ma il movimento italiano sta attualmente vivendo una fase di grande crescita. Una progressione continua dovuta anche alla definizione di specifiche policy, riconducibili al Piano triennale e supportate dalle linee guida per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico; agli aggiornamenti del Paniere dinamico di dataset, cui hanno contribuito Amministrazioni centrali, regionali e locali; al il consolidamento dell’indagine nazionale sull’implementazione della direttiva relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico. Di dati, materia prima dell’economia digitale, la Pubblica amministrazione ne produce e utilizza una grande quantità, che se aperta alla collettività può davvero svelare tutto il suo potenziale.