Rivoluzione digitale, diffusione delle infrastrutture tlc di nuova generazione, penetrazione dei servizi digitali e la nuova frontiera dell’intelligenza artificiale. Italia ancora un passo indietro, rispetto ai partner europei, che corrono più di noi.
Italia è infatti al 26esimo posto per uso di Internet in Europa e al 25esimo posto per l’attuazione dell’Agenda digitale europea. L’affresco dell’Italia digitale che emerge dal Rapporto Globale sul Digitale 2018 è alquanto sconfortante. Secondo il rapporto lo Stivale è agli ultimi posti in Europa nello sviluppo del digitale. L’allarme è stato lanciato ieri mattina a Roma nello spazio Hdrà in occasione della presentazione del Rapporto Globale sul Digitale 2018, realizzato dal Centro Economia Digitale. I dati emersi sono allarmanti: in un contesto in cui l’Europa è tagliata fuori dalla classifica delle prime 20 aziende internet per capitalizzazione, tutte statunitensi o cinesi, tra i 28 paesi che compongono il vecchio continente l’Italia è al 25° posto nel punteggio DESI 2018, l’indicatore della Commissione Europea che misura il livello di attuazione dell’Agenda Digitale di tutti gli Stati membri.
Non solo: per la connettività siamo al 26° posto, per il capitale umano e le competenze digitali al 25°, per l’uso di Internet da parte dei cittadini addirittura al 27°, per l’integrazione digitale nelle aziende al 20° e per la digitalizzazione dei servizi pubblici al 19°. “Il problema – ha spiegato il presidente del Centro Economia Digitale, Rosario Cerra – è la governance di questo processo. Il digitale non è un tema tecnologico, di business o di comunicazione, e non è un punto in un’agenda politica, ma un’agenda politica a se stante. È un errore parlare del digitale mettendolo al pari di altre sfide, come la complessità burocratica dello Stato, la lentezza del sistema giudiziario e la diseguaglianza economica. Perché risolvendo la sfida del digitale riusciremmo a semplificare tutte le altre sfide. Secondo noi non ha senso dare vita oggi a un Ministero del Digitale, perché il tema deve essere promosso direttamente dalla Presidenza del Consiglio. Siamo favorevoli invece a un impegno diretto e visibile dei grandi player nazionali (Leonardo, Eni, Enel, Intesa San Paolo), che stanno già investendo moltissimo nel digitale, e soprattutto auspichiamo l’apertura di una nuova e vera fase della politica industriale per l’Italia attraverso un tavolo aperto fuori dai ritualismi. Il tempo per pensare al digitale è finito: il futuro appartiene a chi decide oggi”.
Il Centro Economia Digitale, nato a inizio 2017 con l’obiettivo di promuovere il tema dell’economia digitale nel dibattito sociale, economico, istituzionale e accademico, rappresenta il primo vero organismo congiunto che mette insieme le tre principali università romane, grazie all’impegno diretto del past preside della facoltà di Economia della Sapienza, Giuseppe Ciccarone, del preside della facoltà di Economia di Tor Vergata, Giovanni Tria, oggi ministro dell’Economia, e del direttore della facoltà di Economia di Roma Tre, Silvia Terzi. Del board fanno parte, tra gli altri, Francesco Rutelli, presidente Anica, Maurizio Stirpe, vicepresidente di Confindustria, Carlo Borgomeo, presidente della fondazione Con il Sud, Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, oltre allo stesso Tria. Secondo Rutelli, intervenuto alla presentazione del Rapporto Globale, “il digitale non è più solo uno strumento: è ormai un protagonista autonomo della nostra società. Dipenderà dalla regolazione che se ne darà se si tratterà di un protagonista indipendente o meno”.