Gli alberi sono la ricchezza del mondo. Una ricchezza che viene regolarmente saccheggiata mettendo a repentaglio la salute del pianeta. Ecco perché a livello internazionale si stanno moltiplicando politiche e interventi per salvaguardare il patrimonio boschivo, a cominciare da quello amazzonico. Non è ancora abbastanza, però. Occorre fare meglio e di più. Bisogna riconoscere, tuttavia, che l’Italia è sufficientemente virtuosa nello sfruttamento delle foreste, più della media europea. Nel nostro Paese, infatti, si taglia il 20% degli alberi che crescono, contro una media del 60% in Europa. A rivelarlo è il PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes), l’organismo internazionale di certificazione che detta le regole di gestione sostenibile delle foreste. Indubbiamente una notizia positiva, questa, anche se lo sfruttamento virtuoso dei boschi nel nostro Paese è affidato soprattutto alla buona volontà dei singoli imprenditori piuttosto che alle normative. Non a caso, soltanto l’8% delle foreste italiane è certificato sostenibile dal PEFC. Per ottenere la certificazione, bisogna rispettare 86 criteri, lungo tutta la filiera, dal taglio alla segheria o cartiera.
In linea di massima, in Europa occidentale, Usa e in alcuni Paesi del Sud del mondo le foreste sono gestite in modo sostenibile. I problemi sorgono in Africa subsahariana, Amazzonia, Asia sudorientale, Russia ed Europa dell’est. In quelle aree, invece, le foreste vengono tagliate illegalmente e senza criterio per ricavare legname pregiato o legna da ardere. L’Interpol calcola che il taglio di alberi illegali frutti ogni anno nel mondo 100 miliardi di dollari. Per il Parlamento europeo, il 20% del legname che circola nell’Unione è fuori legge. Due terzi della legna da ardere che viene da Russia ed Europa orientale è di provenienza ignota. Più controllato, secondo il PEFC, è il settore della carta. Il 90% delle aziende che fabbricano fazzoletti, tovaglioli e panni per la casa si riforniscono da foreste certificate come sostenibili dal PEFC o dall’altro ente certificatore mondiale, l’FSC.