Aumenti tabellari e nessun incremento basato sulla produttività. Per questo gli aumenti di stipendio previsti dal rinnovo del contratto degli Statali hanno ricevuto un giudizio sostanzialmente negativo dalla Corte dei Conti: i motivi sono da ricercare nei loro ‘principi’ di base. Risultano, infatti, lineari e piatti; piuttosto che incrementare la produttività e incentivare il merito. La questione vale per le Funzioni centrali, la cui delibera contente il giudizio è stata depositata il 23 marzo.
Queste le considerazioni dei magistrati contabili sul nuovo contratto degli statali che a loro giudizio risulta “deludente” sotto il profilo di una remunerazione tale da premiare il merito, da incentivare produttività ed efficienza nel pubblico impiego, prevedendo piuttosto aumenti di stipendio lineari per i 250 mila dipendenti di ministeri, Agenzie ed enti come Inps e Cnel. L’opinione è espressa nella delibera sul rinnovo contrattuale del comparto Funzioni centrali 2016-2018 depositata il 23 marzo.
“Il vero parametro per certificare la compatibilità economica di incrementi contrattuali, specie se superiori all’andamento dell’inflazione, – spiegano i magistrati contabili (a proposito degli incrementi retributivi pari al 3,48% della massa salariale) – non può prescindere da una valutazione degli effetti della contrattazione, in termini di recupero della produttività del settore pubblico”. E “sotto tale profilo, – rimarcano – l’ipotesi all’esame si rivela complessivamente deludente” perché le risorse messe a disposizione risultano “pressoché esclusivamente per corrispondere adeguamenti delle componenti fisse della retribuzione”.
Mentre, nel richiamare la legge 15 del 2009 (la riforma Brunetta) la Corte osserva: “non si può non sottolineare” che tale normativa “affidava alla contrattazione collettiva il compito di procedere ad una sostanziale ridefinizione delle componenti variabili della retribuzione, da destinare prevalentemente a finalità realmente incentivanti e premiali”.
In particolare, sulle disposizioni relative agli aumenti contrattuali, i magistrati contabili richiamano “l’esigenza di definire un quadro programmatico di riferimento per la crescita della spesa di personale”. Nella delibera si osserva infatti che gli incrementi retributivi pari al 3,48% della massa salariale, tali da consentire aumenti medi mensili pari a 85 euro a partire da marzo 2018, sono “importi superiori a quelli previsti nel caso in cui si fosse applicato l’indice Ipca o il tasso di inflazione programmato”.
La Corte dei conti certifica la compatibilità economica del contratto, tuttavia “in mancanza di un predefinito parametro di riferimento, – si osserva nella delibera – la verifica della compatibilità economica dei costi contrattuali si rivela, pertanto, di non facile percorribilità”.
I rilievi della magistratura contabile riguardano anche la riforma Madia e il nuovo testo unico. “Segnali negativi – osservano – derivano dal mancato completamento della riforma della pubblica amministrazione delineata dalle legge 124 del 2015, con riferimento alla complessiva riscrittura del Dlgs 165 del 2001 e all’auspicata riforma della dirigenza”.