In base alle previsioni d’autunno pubblicate il 9 novembre 2017, la Commissione europea prevede che la crescita continuerà in tutta l’Unione con valori pari al 2,1% nel 2018 e all’1,9% nel 2019. Lo studio sottolinea come quest’anno l’economia del vecchio Continente abbia registrato risultati decisamente migliori del previsto, spinta dalla tenuta dei consumi privati, dalla più forte crescita a livello mondiale e dal calo della disoccupazione. Anche gli investimenti sembrano essere in ripresa grazie a condizioni di finanziamento favorevoli e a un clima economico migliore e meno incerto del passato. Le economie di tutti gli Stati membri sono in espansione e i rispettivi mercati del lavoro sembrano essere in fase di miglioramento, anche se l’aumento dei salari resta contenuto.
La ripresa ciclica, che prosegue ininterrottamente da 18 trimestri, rimane incompleta, poiché si accompagna a un mercato del lavoro ancora poco dinamico e a una crescita dei salari insolitamente bassa. Per questo l’aumento del Pil e l’inflazione dipendono ancora dal sostegno politico. La Banca centrale europea ha mantenuto una linea monetaria molto accomodante, mentre alcune altre banche centrali, nel mondo, hanno iniziato ad aumentare i tassi d’interesse. Nel 2018 alcuni Stati membri della zona Euro dovrebbero adottare politiche di bilancio espansionistiche, ma l’orientamento globale in questo ambito dovrebbe rimanere sostanzialmente neutro.
Nell’insieme, la creazione di posti di lavoro è stata costante e le condizioni del mercato occupazionale dovrebbero beneficiare dell’espansione indotta dalla domanda interna, della crescita moderata dei salari e delle riforme strutturali attuate in alcuni Stati membri. Quest’anno il tasso di disoccupazione nella zona Euro dovrebbe attestarsi in media al 9,1%, raggiungendo il livello più basso dal 2009, con un record del numero totale degli attivi. Nei prossimi due anni la disoccupazione dovrebbe calare ulteriormente passando all’8,5% nel 2018 e al 7,9% nel 2019. Quest’anno nell’Ue il tasso di disoccupazione è stimato al 7,8%, nel 2018 al 7,3% e nel 2019 al 7,0%. La creazione di posti di lavoro potrebbe rallentare a causa della sospensione degli incentivi fiscali temporanei in alcuni Paesi e a causa dell’emergere di carenze di personale qualificato in altri.
Il tasso d’inflazione al consumo ha subito variazioni durante i primi nove mesi dell’anno per gli effetti della base energetica. È’ aumentata invece l’inflazione di fondo, che non tiene conto dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari non lavorati, ma resta comunque debole a causa del periodo prolungato di bassa inflazione, della scarsa crescita dei salari e della persistente stasi nel mercato del lavoro. Nel complesso, quest’anno l’inflazione dovrebbe assestarsi in media all’1,5% nella zona euro e scendere all’1,4% nel 2018, per poi salire all’1,6% nel 2019.
Nella zona Euro le finanze pubbliche dovrebbero migliorare più di quanto previsto in primavera, principalmente grazie alla ripresa della crescita. Il saldo nominale delle amministrazioni pubbliche dovrebbe migliorare di quasi tutti gli Stati membri. Nell’ipotesi di politiche invariate, nella zona Euro il rapporto disavanzo pubblico/Pil dovrebbe scendere allo 0,8% nel 2019 (1,1% nel 2017 e 0,9% nel 2018), mentre il rapporto debito pubblico/Pil dovrebbe scendere all’85,2% (89,3% nel 2017 e 87,2% nel 2018). I rischi che gli sviluppi economici possano rivelarsi migliori o peggiori del previsto si compensano. Le principali incognite di revisione al ribasso sono esterne e derivano da elevate tensioni geopolitiche (ad esempio nella penisola coreana), da possibili condizioni finanziarie più restrittive a livello mondiale (ad esempio, a causa di un aumento dell’avversione al rischio), dall’aggiustamento economico in Cina o dall’estensione delle politiche protezionistiche. Nell’Unione europea i rischi riguardano l’esito dei negoziati sulla Brexit, un più forte apprezzamento dell’euro e un aumento dei tassi di interesse a lungo termine. Per contro, una minore incertezza e un migliore il clima in Europa potrebbero portare a una crescita più forte del previsto, come potrebbe farlo una crescita più consistente nel resto del mondo.
Dati i negoziati in corso sui termini dell’uscita del Regno Unito dall’Ue, le proiezioni per il 2019 si fondano sull’ipotesi puramente tecnica dello status quo in termini di relazioni commerciali tra l’Ue a 27 e il Regno Unito. Ciò soltanto a fini di previsione e senza avere alcuna influenza sui negoziati in corso nell’ambito del processo relativo all’articolo 50. Il documento si basa su una serie di ipotesi tecniche relative ai tassi di cambio, ai tassi d’interesse e ai prezzi delle materie prime, aggiornate al 23 ottobre 2017. Dal 2018 la Commissione tornerà a pubblicare ogni anno due previsioni complessive (primavera e autunno) e due previsioni intermedie (inverno ed estate), anziché le tre previsioni complessive di inverno, primavera e autunno che ha prodotto annualmente a partire dal 2012. Le previsioni intermedie riguarderanno i livelli annuali e trimestrali del Pil e dell’inflazione per l’anno in corso, nonchè gli anni successivi per tutti gli Stati membri e per la zona Euro.