Secondo lo studio dell’Istituto sindacale europeo (ETUI) pubblicato nell’agosto 2017 in « Social Europe » – https://www.socialeurope.eu/2008-year-east-west-wage-convergence-came-standstill – i lavoratori dei paesi dell’Est guadagnano molto meno della metà del salario medio dei lavoratori dei paesi del’Ovest (Ue a 15 prima del 2004). I lavoratori di 10 paesi d’Europa orientale guadagnano tra il 42% (in Estonia) e meno del 18% (in Bulgaria) dei salari in essere ad ovest. Solo i lavoratori della Slovenia guadagnano più della metà con salari che arrivano al 60% della media UE a 15.
Lo scarto salariale si è ridotto nell’Ue a partire dal 1990 ma la grande crisi ha posto fine a questa evoluzione positiva segnando poi un’inversione di tendenza. Il crollo più spettacolare è stato individuato in Croazia e in Ungheria in cui i salari sono passati dal 43% al 37% e dal 35% al 28% della media dell’Ue a 15. Lo scarto salariale è però aumentato anche in Polonia (in cui i lavoratori guadagnano 29% della media UE a 15 nel 2016 contro il 31% nel 2008)), Romania, Repubblica ceca e Slovenia.
“Il drammatico gap salariale tra Est e Ovest – afferma Esther Lynch, Segretaria confederale della Confederazione europea dei sindacati – è il risultato dello sfruttamento dei lavoratori in paesi in cui i sindacati e la contrattazione collettiva sono deboli. E’ evidente che le differenze nella produttività e nel costo della vita non consentono di pensare ad una parificazione salariale, ma questo non giustifica una distanza così ampia”. Secondo il sindacato europeo i lavoratori dell’Est dell’Unione europea necessitano di aumenti salariali maggiori dell’inflazione e slegati dalla produttività, come “compensazione per lo sfruttamento del passato”. “L’Ue e i governi nazionali – afferma Esther Lynch – dovrebbero incoraggiare la contrattazione collettiva e l’organizzazione dei lavoratori all’interno di sindacati forti. Mentre le multinazionali dovrebbero pagare salari più giusti e rispettare il diritto dei lavoratori alla contrattazione collettiva. Perché parecchie di queste grandi compagnie sono molto brave a rispettare i diritti sindacali in casa loro, ma non lo sono altrettanto nell’Europa dell’est”.
Infine, la Confederazione europea dei sindacati batte sul tasto del salario minimo ( da fissare almeno al 60% della media dei salari nell’Ue occidentale), necessario, secondo il sindacato europeo, a garantire “una soglia di decenza” e a innescare una “più generale crescita dei salari”.