Il Jobs Act non sarà applicato al pubblico impiego e quindi resteranno ancora attive, almeno per i dipendenti pubblici, le tutele dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori contro i licenziamenti ingiusti. Lo ha ribadito ancora una volta il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia in audizione al Senato. L’art.18 per gli statali è diventato un argomento caldo dopo che la Cassazione, a inizio dicembre, ha affermato con una sentenza, che le modifiche alle norme sul licenziamento introdotte dal Jobs Act si applicano anche ai nuovi assunti nella Pubblica Amministrazione. «Ritengo che la sentenza andrebbe letta in modo più approfondito. Infatti alla fine stabilisce che il lavoratore va reintegrato» ha detto Madia. E poi ha voluto rimarcare «la differenza sostanziale fra datore di lavoro pubblico e datore di lavoro privato. Il privato lavora con risorse proprie, lo Stato lavora con risorse della collettività. Se un licenziamento nel pubblico ha un vizio, la collettività vedrebbe allontanato in modo sbagliato un lavoratore pagandogli un’indennità con soldi pubblici. Quindi il danno sarebbe doppio». «Non applichiamo il jobs act al pubblico impiego», ha detto chiaro il Ministro tanto più che la sentenza della Cassazione è «una singola pronuncia, ve ne potranno essere altre e noi siamo i legislatori». Il Jobs Act, secondo il ministro «è una normativa che solo nel privato può trovare applicazione» e non ci saranno «ricette semplicistiche» per farla transitare nel pubblico. Detto questo il ministro ha voluto rassicurare sul fatto che «chi lavora male» può essere licenziato anche nella Pubblica Amministrazione. Art.18 «Non significa non sanzionare chi fa male, tutt’altro» ha detto ancora. Per i dipendenti pubblici che «fanno male» ci saranno i procedimenti disciplinari. «Nella delega – assicura Madia – è presente un criterio fondamentale per riuscire a garantire, una volta per tutte, esiti concreti e la conclusione dei procedimenti disciplinari» perchè si arrivi a una sanzione concreta. «I procedimenti disciplinari, così come introdotti da Renato Brunetta – attacca Madia – non funzionano perchè sono troppo complicati. Noi ci faremo carico di fare in modo che i procedimenti disciplinari funzionino». Sempre rispondendo alle interrogazioni dei senatori Madia ha affrontato la spinosa questione del rinnovo del contratto degli statali. Senza citare i contestatissimi 5 euro di aumento che il governo avrebbe proposto, il ministro ha fatto capire che per il futuro molto dipenderà dall’andamento del Pil: «se ci sarà crescita, crescita e sviluppo porteranno con sè la disponibilità del Governo a stanziare sempre più risorse che seguano a una dinamica di crescita che riprende per l’Italia» ha detto. Per intanto, però, bisogna che la stagione dei rinnovi contrattuali parta. E allora, ha detto: «Aran e Sindacati devono chiudere la trattativa sui Comparti. L’accordo è la precondizione per far ripartire la stagione contrattuale dopo anni di blocco. Noi le risorse le abbiamo stanziate ora tocca alle parti trovare un accordo». È il messaggio del ministro.