Rendere la mobilità meno costosa socialmente, riconsiderare i fenomeni migratori, rivalutare e sostenere la relazione positiva tra occupazione femminile e natalità: sono queste le sfide che dovranno essere affrontate nel medio – lungo periodo dal sistema previdenziale. Ieri, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, il presidente dell’Inps Tito Boeri, ha presentato il XVI Rapporto dell’Istituto. Nella sua relazione Boeri ha evidenziato il nuovo ruolo che l’Ente deve assumere in correlazione alla congiuntura economica che il Paese sta vivendo e ai possibili scenari futuri.
Tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 gli effetti negativi della crisi economico-finanziaria, evidenziatasi a partire dal 2008, hanno raggiunto sotto il profilo occupazionale il loro apice. Secondo la rilevazione Istat sulle forze di lavoro, gli occupati risultavano scesi di circa quattro punti percentuali, che in valori assoluti corrisponde a circa un milione di occupati in meno, da 23,2 milioni nella primavera 2008 a 22,2 milioni tra il 2013 e il 2014 (dati destagionalizzati).
Da allora è iniziata una faticosa, ma continua risalita: appena accennata ad inizio 2014, robusta nel 2015, confermata infine nel 2016 e nei primi mesi di quest’anno. Ad aprile 2017 gli occupati risultano risaliti a 23 milioni, giungendo a recuperare quasi il livello pre-crisi.
Si tratta di un risultato rilevante, seppure largamente insufficiente a riportare la disoccupazione sui valori del 2007-2008, vale a dire attorno al 7%. Il livello massimo di disoccupazione è stato raggiunto nel novembre 2014 (13%), mentre ad aprile 2017 è risultato ridotto di quasi due punti (11,1%). La disoccupazione è aumentata non solo come conseguenza della contrazione della domanda, ma anche per effetto dell’aumento dei tassi di partecipazione, ora superiori al 65% contro il 62-63 per cento degli anni pre-crisi. Sono aumentati in particolare quelli delle donne e degli over 50.
Dall’analisi dei dipendenti e delle loro giornate retribuite secondo la classe d’età – si legge nel Rapporto – emergono significative differenze tra settore pubblico e settore privato. Nel primo le dinamiche risultano negative per tutte le classi di età esclusa quella degli over 60; la contrazione è maggiore per le classi di età più giovani e vi è allineamento tra dinamica dei dipendenti e dinamica delle giornate retribuite per quasi tutte le classi di età. Ciò significa che il numero medio di giornate retribuite tende a rimanere costante; per i più giovani la variazione delle giornate retribuite è maggiore della variazione del numero di dipendenti, il che comporta un incremento nel numero medio di giornate retribuite pro capite.
Nel settore privato extra agricolo la dinamica sia del numero di dipendenti sia del complesso delle giornate retribuite disegna un andamento ad U, dove le tendenze meno positive si hanno per la classe d’età 35-39 anni, mentre per i più giovani e per gli anziani si registrano indici di crescita maggiori per le giornate retribuite rispetto al numero di dipendenti. All’aumento complessivo delle giornate retribuite (+3,8%) ha concorso sia l’allargamento della base occupazionale (+1,5%) sia l’allungamento medio delle giornate retribuite (+2,3%).
A Nord-est è stata rilevata la maggiore dinamica in termini di dipendenti (+2,7% il Trentino Alto Adige, + 2,4% l’Emilia-Romagna, + 2,1% il Veneto), mentre le variazioni più consistenti delle giornate retribuite pro capite sono state registrate per diverse regioni del Centro e del Sud (con una crescita attorno al 4% troviamo Campania, Molise, Puglia, Calabria, Lazio, Basilicata). Schematizzando si può sostenere che nel Centro-sud ha prevalso il consolidamento dello “scalino” 2015, mentre nel Nord-est e, meno intensamente, nel Nord-ovest del Paese hanno prevalso le spinte all’allargamento del perimetro del lavoro dipendente con il nuovo slancio dei contratti a tempo determinato, stagionali e di somministrazione. Boeri concludendo il suo intervento ha tenuto a sottolineare la sostenibilità del sistema previdenziale italiano, anche grazie all’uso efficiente della macchina Inps e ad una complessa riforma organizzativa che ha spostato il baricentro della dirigenza sul territorio.