La spending review è uno degli “oggetti misteriosi” più noti della politica italiana. C’è chi sostiene che sia un completo fallimento, giacchè il debito pubblico aumenta costantemente (ad aprile 2017 ammontava a 2270,4 miliardi pari a quasi il 134% del Pil), mentre altri ne decantano i risultati che avrebbero contribuito ad avviare il risanamento dei conti pubblici. E’ il caso di Yoram Gutgeld, Commissario straordinario del Governo per la razionalizzazione e revisione della spesa. I capitoli di spesa eliminati o ridotti nel periodo 2014-2017 ammontano a 29,9 miliardi di euro – ha affermato – Al netto del costo del personale, la riduzione rappresenta il 18% della spesa corrente. Questa riduzione ha interessatro tutti i comparti della pubblica amministrazione, ma con effetti differenziati. La pubblica amministrazione centrale ha contribuito per il 24% della spesa complessiva al netto del costo del personale, mentre i comparti locali hanno contribuito per il 17%. Gutgeld ha precisato che i 30 miliardi di risparmi dalla spending review sono “all’anno e non in tre anni”. “La revisione della spesa – ha poi sottolineato il commissario – ha creato circa due terzi delle risorse per il conseguimento di tre importanti obiettivi: il risanamento dei conti pubblici, la riduzione della pressione fiscale e il finanziamento dei servizi pubblici essenziali. A seguito della presentazione della relazione sulla revisione della spesa, mi auguro di leggere un po’ meno sulla stampa che in Italia la spending o non si è fatta o si è fatta male. Qualcuno continuerà a dirlo, ma qualcuno ci penserà due volte”, ha concluso il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.