Il Consiglio europeo (9-10 marzo 2017) – occasione di inaugurazione dell’ Europa Building (accanto al vecchio edificio Justus Lipsius) nuova sede per le riunioni dei capi di Stato e di governo UE – il polacco Donald Tusk è stato riconfermato Presidente del Consiglio europeo, ma con l’opposizione della Polonia a causa di una discussione interna. Gli altri tre Paesi del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) hanno votato a favore di Donald Tusk.
Per ritorsione, i polacchi hanno bloccato l’adozione del documento finale del Vertice, il cui testo è passato comunque, ma sotto forma di ‘Dichiarazione della presidenza’ del Consiglio europeo. Lo scontro rompe la prassi delle decisioni all’unanimità e non promette il meglio per il futuro dei rapporti tra la Ue originaria e il suo vitale centro-est.
Con l’isolamento politico del governo ultraconservatore polacco, si è scelto un confronto duro con Varsavia, che ha riportato d’attualità una divisione tra Est e Ovest dell’Europa, in un Vertice che, di fatto, avvia il processo che – il 25 marzo 2017 (a Roma) – porterà a formalizzare l’esistenza di due Europa (l’UE a doppia velocità) dividendo il Continente in una metà destinata a integrarsi sempre più strettamente, e un’altra metà emarginata in un ruolo di periferia, fuori dalla moneta, dalle più rilevanti politiche comuni e dal cuore del processo decisionale. Sullo sfondo della vicenda “ Tusk”, alcuni analisti vedono l’attuale presidente statunitense D. Trump (apertamente contro l’Ue e le sue politiche, i suoi valori e progetti) e il partito trumpista in Europa, di cui la Polonia di Jaroslaw Kaczynski si popone come capofila in Europa..
Altri chiedono: è un modo per fare chiarezza, e isolare il campo populista ed eurofobo, in vista delle prossime scadenze politiche (elezioni in Olanda Francia Germania e Italia) e delle celebrazioni per il 60esimo anniversario della firma dei Trattati di Roma? Il 25 marzo 1957, Belgio Francia Germania Italia Lussemburgo e Paesi Bassi firmarono i Trattati istitutivi dell’Euratom e della Comunità economica europea (CEE). Furono sottoscritti dagli stessi sei Paesi che nel 1951 avevano dato vita alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca): Italia, Germania, Francia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo.
Nel 1992 (con il Trattato di Maastricht o Trattato sull’Unione europea) la CEE è stata ri-definita Comunità europea. Successivamente, con il Trattato modificativo di Lisbona la CEE è assorbita dall’Unione europea (il Trattato sull’Unione europea mantiene questo titolo, invec il Trattato che istituisce la Comunità europa è ri-denominato Trattato sul funzionamento dell’Unione). Grazie a una serie di allargamenti gli stati membri sono poi passati da 6 a 28 (divenuti 27 dopo Brexit).
Il 60mo anniversario dell’Unione – oltre a commemorare l’anniversario dei Trattati – discuterà di questioni strategiche: dove dovrà andare la Ue, se verso più integrazione, e come, o se verso più poteri agli Stati sovrani nazionali che la compongono come preferirebbero non poche leadership del centro-est (le quali si sentono anche spesso abbandonate dall’Ovest della UE davanti alle minacce militari della Russia di Putin) . A questo punto, il timore è che Varsavia si metta di traverso anche nel negoziato sulla Dichiarazione che l’Unione vuole pubblicare in occasione del 60mo anniversario dell’Unione, in cui (nella bozza attuale) si parla di “un’Europa indivisa e indivisibile che agisce insieme quando possibile a ritmi e intensità diverse quando necessario”.
Insieme ad altri Paesi dell’Est (e perfino qualche stato del Nord) la Polonia vede con sentimenti contrastanti l’ipotesi di nuove Cooperazioni rafforzate, anche per il timore di essere marginalizzati. “La rielezione di Tusk – ha precisato Beata Mazurek, portavoce della premier Beata Szydlo – mette a rischio l’unità dell’Unione europea, dovremmo chiederci se la Ue potrà restare unita o se questa situazione non ci condurrà a una realtà in cui gli Stati membri avranno poco da dirsi”. Fonti diplomatiche centroest-europee fanno capire che percepiscono la riconferma di Tusk come di fatto un colpo di forza e un Diktat della vecchia Europa, ed esprimono crescenti perplessità sull’idea di Europa a due velocità.