I ministri dell’ambiente dell’Unione europea, dopo un difficile negoziato, hanno raggiunto un compromesso sul mercato delle emissioni di gas a effetto serra (Ets). L’intesa spiana la strada, a sua volta, al negoziato con Commissione ed Europarlamento per definire il funzionamento del sistema Ets del prossimo decennio, con lo scopo di ridurre del 43% le emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 2005. “Una buona base di partenza per il negoziato con Parlamento e Commissione – ha commentato il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, e ha aggiunto – Alcune richieste avanzate dell’Italia sono state accolte, per esempio sulla compensazione dei costi indiretti e sull’assegnazione delle quote gratuite. Dico solo – ha concluso il ministro – che forse il metodo andava seguito in maniera diversa. Dopo una giornata di trattative intense, alla fine una delle proposte è stata approvata senza la necessaria discussione preventiva”. Per questa ragione di metodo, in un Consiglio segnato da molte tensioni nel finale della riunione, l’Italia si è espressa contro l’accordo.
Il compromesso raggiunto è frutto di una mediazione fra i Paesi che hanno profuso più sforzi sulla performance ambientale e quelli più preoccupati della competitività dell’industria Ue. Paesi del primo schieramento, come Francia, Svezia e Lussemburgo, hanno ottenuto un’apertura sulla possibilità di cancellare la validità di parte delle quote in eccesso a partire dal 2024 e a determinate condizioni. Italia, Germania e altri hanno incassato la possibilità di una riduzione del 2% delle quote da mettere all’asta (fissata al 57%) in caso di penuria di quote gratuite. La percentuale potrebbe crescere nel negoziato con le altre istituzioni Ue, in ragione del fatto che l’Europarlamento nella sua mozione chiede il 5%. Previsto, inoltre, un tetto a livello Ue del 25% sui proventi delle aste che i diversi Stati possono usare per coprire i costi indiretti. Oggi, la compensazione dei costi che si trasferiscono sui prezzi al consumo dell’energia è su base nazionale e finisce per avvantaggiare le industrie dei Paesi con meno vincoli di bilancio.