La Cina del travolgente sviluppo industriale, vera e propria manifattura del mondo, sta pagando un prezzo molto alto in termini d’inquinamento e degrado ambientale. Non a caso, a Pechino il cielo è tornato blu dopo quasi una settimana di smog grigiastro e soffocante. L’allarme rosso per lo smog ha riguardato anche altre 27 metropoli, con un terzo della popolazione complessiva del Paese. Il massimo livello di allarme comporta la chiusura delle scuole, lo stop o la riduzione della produzione nelle fabbriche, circolazione stradale alternata, interruzione dei cantieri. La nube tossica di smog ha raggiunto quest’anno proporzioni gigantesche, coprendo una superficie totale di 1,88 milioni di chilometri quadrati, pari a sei volte la superficie dell’Italia, e coinvolgendo la vita e la salute di 460 milioni di persone, circa la popolazione dell’intera Unione europea. L’inquinamento atmosferico in Cina è causato principalmente dalla combustione del carbone utilizzato per il riscaldamento e per la produzione di energia elettrica, i cui consumi aumentano in inverno. Nella città di Pechino la conversione della caldaie a carbone con apparecchi a gas è cominciata nel 2010. Tutto ciò proprio mentre il Governo progetta mega smart city del futuro. Forse, le contraddizioni del Dragone stanno diventando esplosive.