Si punta a stringere sul contratto del pubblico impiego. Sono ore intense di colloqui tra governo e sindacati in vista dell’incontro di oggi che dovrebbe portare alla firma di un accordo quadro tra il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo.
“Io posso solo fare un auspicio perché questa competenza è di un altro ministro. Io credo che quando ci sono le condizioni i contratti è bene rinnovarli e concluderli. Sono convinto che queste condizioni possano esserci, naturalmente le parti devono tutte trovare il loro spazio e la loro risposta”. Queste le parole del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, intervenuto, a margine di un convegno sull’amianto a Palazzo Giustiniani, in merito dell’incontro di oggi sul rinnovo dei contratti del pubblico impiego.
Per sbloccare l’accordo quadro sui rinnovi nel pubblico impiego intanto, in vista della convocazione di oggi, si cerca un compromesso. Una delle ipotesi, a quanto si apprende, è far saltare gli aggettivi che nella bozza di intesa accompagnano l’indicazione sull’incremento contrattuale di 85 euro. Non sarebbero più “medi” e non sarebbero più “non inferiori a”, ovvero minimi. La determinazione sarebbe lasciata alla parti, ai singoli tavoli che si apriranno tra i sindacati e l’Aran sui quattro comparti: funzione centrali, funzionali locali, sanità e conoscenza. Un’altra strada percorribile, anche in parallelo, sta nel puntare sul pacchetto welfare, con agevolazioni per i fondi pensione e sgravi sul salario accessorio. Argomenti che già compiono nella prima bozza d’intesa, dove si legge: “il Governo si impegna a promuovere la graduale introduzione anche nel settore pubblico di forme di welfare integrativo, fiscalità di vantaggio del salario legato alla produttività e a sostenere l’adesione alla previdenza complementare”.
Da ieri il governo ha avanzato una possibile soluzione “compromesso” sul modello del rinnovo contrattuale dei metalmeccanici che è stato appena chiuso sabato scorso, con l’introduzione di un welfare integrativo, di una fiscalità di vantaggio del salario legato alla produttività e del sostegno alla previdenza complementare.
Un impegno da parte del governo contenuto nella bozza di intesa presentata ai sindacati la scorsa settimana ma su cui i rappresentanti dei lavoratori restano freddi, nel senso che non vogliono accettare queste misure a integrazione di aumenti troppo bassi, sottolineando che i dipendenti pubblici sono diversi dai metalmeccanici e non hanno visto un centesimo in più in busta paga dal 2009. Con un blocco che, di fatto, è stato rimosso solo per effetto di una sentenza della Consulta che lo ha dichiarato illegittimo, anche se non con effetto retroattivo, sgravando così lo Stato da un esborso oneroso (e difficilmente sostenibile) di 35 miliardi di euro, secondo i calcoli della Ragioneria genarle dello Stato.
La volontà politica di chiudere è stata espressamente dichiarata dal Premier Matteo Renzi, che vuole stringere prima del 4 dicembre, giorno del voto sul referendum costituzionale. I sindacati da parte loro auspicano un’intesa per i 3,3 milioni di dipendenti che non percepiscono aumenti da 7 anni, anche se, alla vigilia dell’incontro si respira aria di cauto ottimismo, con il leader della Cgil Susanna Camusso che resta sulle sue posizioni e respinge l’ipotesi di un accordo ‘ad ogni costo’.
“La prudenza mi insegna che quando si discute di temi delicati come il contratto, non si devono seguire le voci anonime. Il governo sa quali risposte mancano: risorse certe e aumenti contrattuali che non facciano perdere il bonus di 80 euro”, dice Camusso. Il leader della Cgil ribatte quindi al governo e agli altri sindacati: “capisco l’ansia da prestazione, ma ci sono anche altre date – sottolinea – Se ci saranno delle risposte e le giuste condizioni si va avanti, oppure non c’è data che tenga”. Insomma, conclude Camusso, “non vorrei che qualcuno pensasse che domani il contratto è fatto”. Camusso, poi, spiega che tra i temi c’è la modifica della legge Brunetta e la cosiddetta ‘Buona scuola’. Un punto questo non secondario e su cui anche la Uil insiste con il segretario confederale Antonio Foccillo che ricorda come oltre ad aumenti “che non siano inferiori agli 85 euro, il sindacato chiede la delegificazione di norme che sono intervenute nella contrattazione”.
La Cisl è sicuramente la più ottimista. “Domani andremo all’incontro con la ministra della Funzione Pubblica, Marianna Madia, con propositi molto positivi”, premette il leader Annamaria Furlan, che ricorda come “in questi mesi sia stato fatto tanto lavoro dalla Confederazione insieme alle categorie della Pubblica Amministrazione” e conclude: “Domani sarà il momento di raccogliere i frutti. Speriamo di avere finalmente un’impostazione precisa ed un accordo che sblocchi il contratto per tanti milioni di lavoratori e di lavoratrici e cambi le relazioni sindacali nel segno dell’innovazione, dell’efficienza e della partecipazione”.