Per i giovani la parola ”lavoro” assume significati completamente diversi da quelli associati dalle generazioni precedenti.
Lontanissimi dagli ideali dei loro padri, che hanno combattuto negli anni ’70 per ottenere diritti e garanzie sul lavoro, i ventenni, schiacciati dalla crisi che ha investito la nostra società, sono ‘affetti’ dalla cosiddetta remissività lavorativa, tendenza che vede la necessità di ottenere o conservare il posto di lavoro a qualsiasi costo.
Questa è la preoccupante analisi che emerge dalla ricerca di Acli Roma “Avere 20 anni, pensare al futuro” presentata all’Università Sapienza di Roma durante il convegno “Lavoro per i giovani: priorità delle famiglie, futuro per il Paese”. Secondo la ricerca, la maggioranza dei ragazzi romani nati negli anni ’90 e ancor di più quella dei ragazzi nati dopo l’anno 2000 avrebbe un livello medio-alto di remissività lavorativa, ovvero il 65% dei giovani dichiara di essere pronto a rinunciare a qualsiasi diritto acquisito, e prima d’ora considerato inalienabile, pur di aggiudicarsi il tanto sospirato contratto che possa permettere di avere un’entrata economica e un minimo di indipendenza dalle famiglie d’origine.
I sentimenti che i giovani intervistati associano al futuro sono la confusione (36%), la precarietà (26,6%) e l’angoscia (26,3%) ma anche tanta speranza (per il 61,3%).
Tutt’altro che ‘bamboccioni’ quindi! I giovani d’oggi sono vittima della peggioramento della condizione che stiamo vivendo.
E’ importante anche segnalare che l’Italia vede i redditi più bassi d’Europa a fronte a un alto costo della vita, questo, insieme al problema del precariato, rende sempre più difficile l’indipendenza.