Con lo strumento della fusione catastale ai fini fiscali è possibile individuare in modo unitario immobili catastalmente diversi ma utilizzati congiuntamente.
Le modalità applicative di tale strumento, utilizzato in presenza di unità immobiliari di fatto congiunte che non possono essere fuse catastalmente in quanto gravate da diritti reali non omogenei, sono state disciplinate dall’Agenzia del Territorio con nota del 21 febbraio 2002, Prot. 15232 e più recentemente con la circolare 27/E/2016. Con detta circolare l’Agenzia osserva
“che non è, di norma, ammissibile la fusione di unità immobiliari, anche se contigue, quando per ciascuna di esse sia riscontrata l’autonomia funzionale e reddituale, e ciò indipendentemente dalla titolarità di tali unità. Tuttavia, se a seguito di interventi edilizi vengono meno i menzionati requisiti di autonomia, pur essendo preclusa la possibilità di fondere in un’unica unità immobiliare i due originari cespiti in presenza di distinta titolarità, per dare evidenza negli archivi catastali dell’unione di fatto ai fini fiscali delle eventuali diverse porzioni autonomamente censite, è necessario presentare (tramite Docfa, ovvero la procedura per la compilazione dei documenti tecnici catastali, ndr) due distinte dichiarazioni di variazione, relative a ciascuna delle menzionate porzioni. (…) Non è pertanto sufficiente richiedere ai competenti Uffici dell’Agenzia delle Entrate solo l’inserimento di un’apposita annotazione negli atti catastali, senza che siano state presentate le suddette dichiarazioni di variazione”.
Con la fusione in esame i beni mantengono ciascuno i propri identificativi che ne hanno consentito l’individuazione e la successiva iscrizione in atti, con le titolarità di competenza.
La fusione ai fini fiscali, se correttamente utilizzata, permette quindi di costituire sotto il profilo della valorizzazione una unica unità immobiliare ai fini impositivi, pur in presenza di più immobili utilizzati congiuntamente, ma soltanto ove sia provato che la fusione di fatto di tali immobili sia stata recepita dal Catasto mediante attribuzione a ciascun immobile di un valore che sia effettivamente rapportato alle caratteristiche proprie dell’unità immobiliare intesa nel suo complesso. Nel caso la fusione fiscale sia stata correttamente definita a livello catastale, con attribuzione a tutte le unità catastali che compongono l’immobile unitario della categoria e classe più appropriata, considerando le caratteristiche proprie dell’immobile inteso nel suo complesso, ci si troverà di fatto in presenza di una sola unità immobiliare sotto il profilo della valorizzazione catastale, a cui dovrà quindi seguire l’esclusione dall’IMU dell’intera abitazione risultante dalla fusione.
Ai fini di esenzione IMU occorre rammentare che l’art. 13 DL 201/11 prescrive come l’imposta non si applica al possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa (ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9) e per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente.
L’immobile deve quindi essere uno, l’unico ascrivibile al nucleo familiare. È infatti previsto che vi sia una sola abitazione principale per nucleo.
È opinione, pertanto, che occorrerà considerare l’abitazione principale frutto di fusione catastale ai fini fiscali unitariamente al fine della determinazione della misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali esentabili IMU.
È lo stesso l’art. 13 DL 201/11, peraltro, che dispone esplicitamente come nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, legando l’esenzione per l’abitazione principale a quella del nucleo familiare.
Si legga a sostegno della interpretazione in senso restrittivo della norma di beneficio fiscale in discussione la chiara indicazione della CIRCOLARE N. 3/DF 18/05/12:
“L’altro aspetto di novità consiste nel fatto che per abitazione principale si deve intendere l’immobile nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. In altri termini, il legislatore ha innanzitutto voluto collegare i benefici dell’abitazione principale e delle sue pertinenze al possessore e al suo nucleo familiare e, in secondo luogo, ha voluto 2 Nella risoluzione n. 6 del 7 maggio 2002, l’Amministrazione finanziaria aveva interpretato la questione nel senso confermato dalla norma in commento, mentre, la Corte di Cassazione, facendo riferimento alle situazioni di fatto, nella sentenza n. 25902 del 29 ottobre 2008, ha sostenuto che il concetto di abitazione principale non risulta necessariamente connesso a quello di “unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio”, e, pertanto, aveva consentito dì applicare le agevolazioni per l’abitazione principale alle unità immobiliari utilizzate concretamente come ”abitazione principale” dell’immobile nel suo complesso. unificare il concetto di residenza anagrafica e di dimora abituale, individuando come abitazione principale solo l’immobile in cui le condizioni previste dalla norma sussistono contemporaneamente, ponendo fine, anche in questo caso, alle problematiche applicative che sulla questione hanno interessato PICI. La disposizione in commento precisa, inoltre, che, nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, l’aliquota e la detrazione per l’abitazione principale e per le relative pertinenze devono essere uniche per nucleo familiare indipendentemente dalla dimora abituale e dalla residenza anagrafica dei rispettivi componenti. Lo scopo di tale norma è quello di evitare comportamenti elusivi in ordine all’applicazione delle agevolazioni per l’abitazione principale, e, quindi, la norma deve essere interpretata in senso restrittivo, soprattutto per impedire che, nel caso in cui i coniugi stabiliscano la residenza in due immobili diversi nello stesso comune, ognuno di loro possa usufruire delle agevolazioni dettate per l’abitazione principale e per le relative pertinenze”.