A Roma la mafia non c’è. Semmai si sono verificate irregolarità e criticità gestionali nella macchina burocratica del Comune. Questa, in sintesi, la tesi sostenuta dal presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, nel corso della sua testimonianza nel processo per ‘Mafia Capitale’, a dispetto della stessa formula giornalistica con cui viene stigmatizzato il sistema di malaffare radicato nella Capitale. “Posso escludere di aver mai individuato a oggi una ipotesi di 416 bis e di averlo segnalato alle procure. Non spetta all’Anac formulare ipotesi di reato – ha detto – Questo lo fanno i pubblici ministeri. Noi ci limitiamo a segnalare irregolarità o criticità quando c’è un ‘fumus’ di illecito penale. A oggi posso dire che casi di 416 bis non ci sono mai capitati”. Cantone ha poi aggiunto: “Non c’è stata una sostanziale discontinuità nell’uso di procedure negoziate tra le giunte di Gianni Alemanno e Ignazio Marino”. Secondo, il presidente dell’Anac, c’è stata una lievissima diminuzione delle procedure negoziate nel 2014 e una riduzione significativa nel 2015, quando all’assessorato comunale alla Legalità arrivò l’ex pm Alfonso Sabella. “Sul Comune di Roma – ha proseguito – facemmo verifiche prima dell’indagine su Mafia Capitale e già in quell’occasione le procedure negoziate erano applicate nel 90% degli affidamenti, però gli appalti a Roma venivano affidati con “procedure meno sicure e garantite”, ed era evidente l’abuso di tali procedure. Emergeva inoltre, e lo evidenziammo – ha sottolineato Cantone – una pluralità enorme dei centri di costo nell’ambito del Comune di Roma. Cento centri di costo all’interno di un’unica struttura non consentivano alcun tipo di controllo della struttura stessa. La proliferazione dei centri di costo e delle strutture deputate alle spese ha creato la confusione nella macchina amministrativa del comune di Roma. E non era sempre semplice capire chi si occupava di ogni settore, perché anche dal punto di vista della competenza c’era un po’ di confusione”. Cantone ha inoltre ricordato di aver parlato in più occasioni di questo tema con Alfonso Sabella, assessore alla legalità della giunta Marino, il quale cercò di centralizzare le spese del Comune per migliorare i controlli sugli appalti. “Ma questa scelta – ha chiarito – rimase, per quanto ne so, sulla carta. Quando analizzammo la situazione del Comune di Roma, vennero segnalate una serie di criticità – ha concluso Cantone – anche per vedere se il Campidoglio aveva da ribattere qualcosa. Ma la nostra delibera finale arrivò nel periodo della gestione commissariale, e in Comune l’amministrazione eletta non c’era già più”.