La bozza del dl competitività, che dovrebbe rientrare nel più ampio pacchetto Finanza per la crescita 2, è in fase di finalizzazione negli uffici dei ministeri competenti (Mef e Mise).
Tra le misure più importanti potrebbe diventare permanente l’agevolazione fiscale per il “rientro dei cervelli” in Italia. La misura elimina infatti i limiti temporali del bonus inserito nel dl 78/2010, non fissando altri parametri. Il dl di 6 anni fa prevedeva l’esclusione “dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo del 90% degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori” che dopo due anni all’estero tornassero a lavorare in Italia.
In arrivo, inoltre, sconti fiscali per le imprese che adotteranno una start up, divenendone ‘sponsor’. In sostanza, le società quotate che investiranno nel capitale di start up con una quota di almeno il 20% – e che deterranno la quota per almeno tre anni – potranno scaricare integralmente le perdite operative per l’avviamento della nuova azienda.
Per chi investe in Italia poi sarà facile ottenere visti e permessi di soggiorno. Il visto potrà essere rilasciato a chi investe almeno un milione di euro in un’impresa italiana o 2 milioni in titoli di Stato (con l’obbligo di mantenere l’investimento per almeno 2 anni) o in alternativa a chi effettua “una donazione filantropica significativa in un settore di interesse per l’economia italiana (cultura, recupero beni culturali o paesaggistici, gestione dell’immigrazione, istruzione, ricerca scientifica…) per un importo non inferiore a un milione di euro”.
Saranno azzerate le tasse per i Fia (Fondi immobiliari alternativi) e le Siiq (Società di investimento immobiliare quotate) che investono negli immobili pubblici o delle assicurazioni.
Sarà, infine, incrementato il finanziamento alle imprese, facilitando lo smobilizzo del ‘magazzino crediti’ delle banche e riattivandone la capacità di fare prestiti. In pratica, un investitore non bancario che voglia fare credito alle imprese italiane potrà farlo in piena certezza del diritto, acquistando crediti già presenti nel portafoglio delle banche o facendosene creare di nuovi dalle stesse banche per comprarli a sua volta. Una norma che, di fatto, consentirebbe di distribuire il rischio di credito su una più ampia platea di investitori (anche non bancari) favorendo la creazione di un mercato secondario. Le banche potranno quindi cedere crediti anche ad investitori privi di licenza bancaria.