Il 5 dicembre si celebra la Giornata mondiale del suolo (World Soil Day), un appuntamento istituito dalle Nazioni Unite per ricordare quanto questa risorsa sia fondamentale per la vita sul pianeta.
Il tema scelto per l’edizione 2025, “Healthy Soils for Healthy Cities” (suoli sani per città sane), punta i riflettori sul legame inscindibile tra la qualità del terreno e il benessere di chi vive nei centri urbani. Eppure, mentre si celebra l’importanza di spazi permeabili e vegetati, i dati raccontano un paese che continua a ricoprire la terra di cemento a ritmi allarmanti.
Secondo l’ultimo Rapporto Snpa “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, il 2024 ha segnato un triste record: sono stati coperti da nuove superfici artificiali 84 km. quadrati di territorio, registrando un incremento del 16% rispetto all’anno precedente. Se si considera il consumo netto, che supera i 78 km. quadrati, ci troviamo di fronte al valore più alto dell’ultimo decennio, per rendere l’idea della velocità di questo fenomeno: ogni ora l’Italia perde una porzione di suolo pari a circa 10mila mq. È come se, tassello dopo tassello, il mosaico naturale del nostro territorio venisse progressivamente cancellato.
Il paradosso è evidente se si pensa alle funzioni vitali che il suolo svolge, specialmente in ambito urbano: oltre a ospitare edifici e strade, il terreno “vivo” assorbe l’acqua piovana, regola la temperatura, immagazzina carbonio e migliora la qualità dell’aria. Quando viene sigillato dall’asfalto, perde istantaneamente queste capacità, rendendo le città intrinsecamente più vulnerabili alle inondazioni, alle ondate di calore e all’inquinamento atmosferico.
Le cifre del degrado sono preoccupanti anche sul fronte della sicurezza alimentare e della biodiversità: il 95% del nostro cibo proviene dal suolo, ma il 33% dei terreni è già degradato. Considerando che per rigenerare appena 2-3 cm. di terreno fertile possono servire fino a 1.000 anni, la perdita è, a tutti gli effetti, irreversibile nel breve periodo.
La giornata del 5 dicembre diventa quindi un monito per la politica e per i cittadini: ripensare le città non è più un’opzione, ma una necessità. Una gestione sostenibile potrebbe incrementare la produzione di cibo fino al 58% e garantire quella resilienza climatica che il cemento, inesorabilmente, ci sta togliendo.
Fonte: ISPRA